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Duplice Omicidio Lecce.

 

DUPLICE OMICIDIO, LECCE – Intervista e Riflessioni ( in SalentoLive24-com)

 

Torturarli, ucciderli e lasciare una scritta sul muro …

Un ragazzo timido, schivo e introverso, …

Queste le prime frasi che cominciano a “girare” sul presunto killer, in un’area geografica tendenzialmente tranquilla come quella leccese, dove si è consumato un efferato duplice omicidio di una giovane coppia.

Il movente, come qualcuno afferma con convinzione, è l’invidia e al contempo la gente comune, sgomenta, si chiede se è davvero possibile.

Lo abbiamo chiesto al dr. Mirco Turco, Psicologo, Criminologo e Scrittore leccese.

L’Invidia può uccidere?

La risposta è SI, ma non da sola!

La felicità è sempre soggetta all’invidia direbbe Socrate. O in modo più suggestivo, l’invidia è l’ulcera dell’anima.

È un grave errore se consideriamo normale ciò che non lo è. L’invidioso non ha un Io forte e strutturato e si poggia su un Io gregario direbbe Andreoli. È già un buon inizio per specificare che l’invidia non è sufficiente per scatenare una furia omicida, a meno che non sia “affiancata” ad una certa struttura di personalità.

La follia si annida, dunque, in un’apparente normalità, aggiungerei e il duplice omicidio nella nostra Lecce ne è un chiaro e mostruoso esempio.

Quale altra caratteristica potremmo desumere?

Nella condotta delittuosa delineatasi si intravede, oltre all’invidia, una grossa dose di sadismo che contraddistingue, in realtà, molti delitti mostruosi.

Il Sadismo viene inquadrato per indicare alcune “deviazioni sessuali” un cui il soggetto cerca la sofferenza fisica e psicologica come mezzo per ottenere il piacere.

Freud, suggestivamente, ricorda però che tale comportamento va inserito in un registro più ampio che comprende due atteggiamenti speculari: masochismo e sadismo. Le pratiche masochiste, infatti, possono facilmente ribaltarsi e “laddove vi è il masochismo possiamo sempre ritrovare anche il polo opposto, il sadismo”.

Personalità sadico-masochista quindi?

Probabile … soprattutto se consideriamo il duplice omicidio in questione (o meglio, quello che sappiamo).

Il comportamento sadico viene visto come una sorta di lutto negato o patologico, come un tentativo di rifiutare una perdita e compensarla con una fantasia. Ed è proprio da quanto emerge dalla vicenda e dalle prime ricostruzioni.

Il risultato di questo percorso è perciò lo sviluppo di una perversione che sostituisce la relazione, un rapporto, una dinamica interpersonale. Tale soluzione appare però precaria e instabile e sovente, il soggetto sarà spinto all’azione criminosa (così come accaduto).

Nella condotta criminosa, in verità, al sadico interessano maggiormente le proteste di innocenza della vittima, le implorazioni di perdono e i vani tentativi di convincerlo a non compiere un’azione violenta. Il sadico gode anche e soprattutto di questo! In molti sadici, inoltre, si ritrova una forma di distacco emotivo e una percezione di controllo della situazione (prova è la condotta organizzata del presunto killer).

Le persone con tratti di sadismo tendono ad essere aggressivi e traggono piacere solo dopo aver danneggiato la vittima.

È importante anche dire che, secondo alcuni studi, il sadismo non è però solo presente nei crimini efferati, ma anche nella gente comune! Il sadismo potremmo ritrovarlo nel bullo, così come nel teppista di strada o in un gruppo di tifosi di uno sport.

Cos’altro potrebbe esserci dietro?

Il sadismo sessuale può anche essere correlato a caratteristiche personologiche che vanno da quelle narcisistiche maligne a quelle paranoidi. Se tali caratteristiche sono egosintoniche però, siamo in presenza di un disturbo grave di personalità. Ritengo, infatti, che la strada da seguire sia proprio questa …

Tema comune di questo tipo di persone è il vuoto esistenziale, esacerbato dalla disperata solitudine e da una profonda tristezza, fittiziamente colmati da un crimine. Costoro vivono nella morte, e dandola agli altri hanno l’impressione (a livello inconscio) di poter trionfare su di essa. Il passare all’atto diventa una difesa di tipo ipomaniacale dalla depressione direbbe Fornari. La persona viene degradata a cosa, ad una cosa da poter dominare, umiliare, distruggere.

È proprio vero che la normalità non esiste?

Io sostengo sempre che dobbiamo valutare maggiormente la “quantità delle cose” e non la “qualità”. Un lieve sadismo nell’individuo è normale, ma se è spropositato non lo è più. Sentirsi depressi ogni tanto è anche normale, se sono sempre depresso, la cosa cambia!

Queste prime riflessioni pongono l’accento quindi su quanto sia complesso “valutare” l’essere umano e quanto sia diffusa quella “maschera di salute mentale”.

L’essere umano è forse per natura asociale, narcisista, perverso e polimorfo, direbbe Freud o probabilmente, occorre farsi altre e profonde domande e scavare nei vissuti ancestrali degli individui.

Considerate bene ciò che disprezzate e vi accorgerete che è sempre una felicità che non avete direbbe Paul Valery. Al contempo, gli uomini sono stupidi e bramosi degli averi altrui, abusano della propria superiorità quando sono forti e diventano delinquenti quando sono deboli concluderebbe Voltaire. È proprio della “debolezza” umana che dovremmo occuparci oggi, forse più di ieri, affiancandoci con maggior senso, umiltà e responsabilità.

Tutti vorremmo che fosse solo un criminale assassino, ma se non fosse così?

Il duplice omicidio avvenuto a Lecce è qualcosa di “mostruoso” e ha inorridito non solo la cittadinanza, ma anche chi si occupa – per mestiere- di crimine, devianza e soprattutto di psiche e comportamento umano.

Esiste una parte in ognuno di noi che vorrebbe vedere il giovane killer “chiuso perennemente” in carcere, in modo che “venga fatta Giustizia” e che l’anima delle povere vittime e dei familiari possa trovare pace! Da un altro lato, occorre chiedersi, almeno per etica professionale, se effettivamente un crimine orrido e inaccettabile possa essere “interpretato” in altro modo, proprio attraverso una valutazione professionale attenta e rigorosa delle capacità di intendere e di volere.

La cosa potrebbe diventare impellente,soprattutto in questo momento in cui, per Verità o per strategia difensiva, cominciano a “saltare fuori” presunti vuoti di memoria e momenti di “rabbia” inespressi da parte del killer. Cosa potrebbe accadere?

Il De Marco rischia l’ergastolo, come anche supposto da altri esperti di fama nazionale, ma se risultasse un grave Disturbo di Personalità, le cose cambierebbero!

Si ricorda, infatti, che anche il Disturbo di Personalità può escludere l’imputabilità del soggetto, ovvero quando si riscontrano tratti inflessibili, non adattivi, persistenti e che causano una compromissione sociale significativa o sofferenza soggettiva …

La personalità patologica si ha quando si riscontra un’assenza di coerenza interna e di capacità di distinguere il mondo interno da quello esterno; quando la persona è dipendente da emozioni e impulsi poco o non controllabili; quando nutre sfiducia in Sé e negli altri e quando manifesta caratteristiche peculiari (sadiche, persecutorie, …) e quando vi è un’inappropriata e insufficiente gestione dell’aggressività e della sessualità. Balza subito alla nostra attenzione che valutare la Personalità, quindi, non è cosa agevole né può essere un’opinione!

Pertanto, un Disturbo della Personalità è un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo e si manifesta nella cognitività, nella affettività, nel funzionamento interpersonale, nel controllo degli impulsi. Lo stesso disturbo determina un disagio significativo e una compromissione in ambito sociale, lavorativo o altre aree importanti. Non è poi giustificabile da un altro disturbo mentale o dall’uso di una sostanza stupefacente o altra condizione medica. Da sottolineare che i Disturbi della Personalità esordiscono come tratti in età adolescenziale o nella prima età adulta.

Tutti i criminali sono responsabili e capaci anche quando fanno delle non scelte o fanno determinate scelte, salvo possibilità di provare il contrario” (Fornari, U.).

Che cos’è la Bloodstain Pattern Analysis

La BPA è lo studio della dimensione, forma, volume, direzione e distribuzione di una traccia ematica ritrovata sulla scena del crimine e la sua funzione, come quella di altre discipline forensi, è quella di delineare al meglio tutto ciò che è accaduto sulla scena del crimine.

Una macchia di sangue può fornire una serie di informazioni relativamente a:

  • Direzione di movimento della vittima/assalitore.
  • Punto di convergenza e origine della traccia.
  • Tipologia e velocità dell’arma utilizzata.
  • Numero di colpi inferti.
  • Informazioni su assalitore destro o mancino.
  • Posizione e movimenti relativi della vittima e assalitore.
  • Tipo di ferita che ha originato l’emissione della traccia ematica.
  • Quando è stato commesso il crimine.
  • Se la morte è stata immediata o meno.

L’analisi di una traccia ematica si basa sull’assunto che il sangue, come tutti i fluidi, reagisce all’azione di forze esterne sempre nella stessa maniera, risultando in tal modo in un pattern prevedibile e ripetibile.

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Il sangue è considerato un liquido colloidale (cioè contiene al suo interno una parte liquida e una corpuscolata) e normalmente è rappresentato nella misura di 5-6 litri negli uomini e 4-5 nelle donne. Una emorragia del 40% della nostra massa sanguigna può portare ad un grave shock ipovolemico e potenzialmente alla morte.

Come tutti i liquidi, anche il sangue sottostà ad una importante legge della fisica: la tensione superficiale.

La tensione superficiale è definita come il lavoro unitario che è necessario ad aumentare la superficie occupata dal liquido di una quantità unitaria, quindi per liquidi differenti si osserva una tensione superficiale differente. Soprattutto, la tensione superficiale si esercita a livello dell’interfaccia di separazione tra il liquido e la superficie con cui il liquido interagisce, pertanto differenti tipologie di superficie eserciteranno una tensione diversa.

Oltre alla tensione superficiale, altre forze esterne come la gravità, la resistenza dell’aria e la velocità di eiezione agiranno di concerto nel far assumere ad una goccia di sangue dei pattern caratteristici e riproducibili volta per volta, quindi analizzabili.

2.2 Classificazione delle tracce ematiche.

Possiamo generalmente distinguere le tracce ematiche in base alla velocità in 3 categorie: le macchie con velocità di impatto bassa, media e alta; LVIS (Low Velocity Impact Spatter) MVIS (Medium velocity) e HVIS (High velocity).

La distinzione in categorie si opera determinando semplicemente la grandezza della traccia ematica e precisamente:

  • LVIS= 4 o >4 mm.
  • MVIS= 1-4 mm.
  • HVIS= < 1 mm.

Naturalmente le varie tipologie di macchie saranno molto spesso di categorie miste, ragion per cui il criterio osservato nella classificazione di una traccia ematica sarà basato sulla dimensione preponderante che si osserva in un pattern rintracciato sulla scena del crimine.

Un esempio di traccia a bassa velocità è quella generata da un gocciolamento semplice; la traccia a velocità media quella causata da un trauma contusivo che genera una fuoriuscita di sangue e quella ad alta velocità da un’arma da fuoco o esplosivo che determinerà la proiezione di minute goccioline a velocità molto elevata, simile ad uno spruzzo.

Le tracce cosiddette passive a loro volta si distinguono in:

coagulo, gocciolamento, flusso, pozza.

Le tracce per trasferimento si distinguono in: tipo pattern swipe (risultante da una superficie bagnata di sangue che viene a contatto con una asciutta), wipe (risultante da una superficie asciutta che viene a contatto con una insanguinata).

Le tracce proiettate si distinguono in: schizzo arterioso, da contatto con altro oggetto, da spruzzo, espettorato.

Nella categoria miscellanea includiamo: da azione per forza capillare, da insetti (che vengono a contatto con il sangue e lo trasportano in giro), Void pattern da effetto vuoto (quando un oggetto/corpo viene investito da uno schizzo di sangue e pertanto crea un effetto maschera).

E’ palese che nella normale routine ci si trovi di fronte costantemente una scena del crimine che riporta una moltitudine di tracce differenti, per cui sarà necessaria una attenta e lunga azione di repertazione ed interpretazione di ogni singola categoria. Le tracce ematiche limpide e delineate sono difficili da reperire e la norma è costituita da una difficile mescola fra tanti pattern differenti.

Passiamo adesso a descrivere nel dettaglio alcuni tipi di traccia ematica.

Le tracce passive più semplici da distinguere sono quelle causate da un normale gocciolamento, come ad esempio può accadere da un banale taglio di un dito che gocciola su una superficie dura: pavimento, tavolo, vetro, ecc..

La traccia da trasferimento a pattern è una delle più comuni da trovare a causa della natura adesiva del sangue, per cui un oggetto contaminato tenderà a sporcare facilmente qualsiasi altra superficie/oggetto con cui verrà a contatto, anche se fugacemente e in maniera superficiale ed incompleta, riproducendo in modo spesso completo la sua forma.

Molto spesso la traccia residuata sarà molto chiara e suggestiva, tale da far risalire immediatamente all’arma che l’ha prodotta o all’oggetto che l’ha impressa.

Discorso a parte meritano le tracce Swipe e Wipe.

Le tracce cosiddette Swipe sono quelle prodotte da un oggetto insanguinato che viene a contatto con un altro oggetto o superficie grazie ad un movimento laterale, tangente.

Invece le tracce Wipe sono quelle in cui un oggetto o superficie asciutta viene a contatto, con un movimento laterale, con un oggetto bagnato di sangue, causando una parziale asportazione della traccia originariamente presente sul primo oggetto.

Le tracce da proiezione sono frequentemente originate da ferite agli arti, con fuoriuscita rapida e ad alta pressione, creando un pattern ad arco, rispecchiando la spinta pressoria che le genera, normalmente da sangue arterioso. Il più tipico pattern da ferita arteriosa riflette infatti l’aumento e la caduta di pressione in un andamento simil sinusoidale o zig-zag, o ondulante.

Un aspetto molto interessante è quello assunto da gocce di sangue miste ad espettorato, quindi eiettate insieme a colpi di tosse, o fuoriuscita di materiale ematico ad alta pressione dalla bocca, naso o dalle vie aeree. Questo vuol dire che il sangue proveniente dalle vie aeree in questione sarà misto ad aria e spinto nell’ambito di un atto respiratorio. Da questa commistione il sangue sarà “rotto” in goccioline minuscole, analogamente all’azione creata da uno spray. Spesso, all’interno delle gocce di sangue, si noteranno minute “bubble rings”, anelli vuoti creati dall’aria contenuta nel materiale ematico, oppure tracce di muco e saliva. Da tener presente che il pattern creato dall’espettorato può mimare uno schizzo da esplosione e può trarre in inganno.

Nell’ultima categoria che prendiamo in considerazione, una menzione a parte merita la void pattern, cioè la traccia prodotta per effetto maschera o effetto cosiddetto fantasma. Questo tipo di traccia è quella generata quando tra la superficie di impatto finale e il materiale ematico si frappone un oggetto o individuo, a volte rimosso prima del ritrovamento. E’ il caso in cui, ad esempio, da una superficie imbrattata di sangue, come un tavolo, vengono rimossi alcuni oggetti che lasceranno dei vuoti laddove erano originariamente poggiati, lasciando delle aree vuote che riprodurranno la loro forma originaria.

2.3 Dinamica.

Esaurito il discorso sulla classificazione, andiamo a considerare la dinamica delle tracce ematiche e le tecniche di repertazione. Quando una goccia di sangue cade dall’alto interagisce lungo il suo percorso con l’attrito dell’aria e, nell’attraversare il mezzo, la sua forma cambierà rapidamente e frequentemente da quella originariamente sferoidale a quella ovoidale, proprio per l’azione dell’aria. Questo accade in condizioni idealmente ottimali, laddove la goccia cada in linea retta, senza incontrare ostacoli lungo il percorso e senza che altri fattori interferiscano, come può accadere in presenza di vento, pioggia o altro ancora.

Quando si verifica l’evento più comune appena descritto, la goccia che impatta su di una superficie, cadendo in linea retta, riprodurrà un pattern perfettamente circolare con l’eventuale presenza di minute goccioline satelliti, causate dall’impatto con la superficie stessa.

Se, invece, la goccia viene eiettata con un angolo differente dai 90°, l’impatto produrrà una morfologia differente, elongata e con aree satelliti o code che saranno orientate secondo la direzione dell’impatto.

La direzione delle codine indicherà la direzione delle gocce, per cui quanto più la forma sarà ellittica, tanto più sarà facile distinguere la direzione.

Per identificare l’angolo di impatto, invece, si dovrà applicare una semplice formula matematica: il seno inverso del rapporto dato dalla misura dell’asse maggiore dell’ellissi diviso la misura dell’asse minore.

Dall’interpolazione di queste informazioni riguardanti la direzione e l’angolo di impatto si potrà ricavare, non senza difficoltà inerenti ai singoli casi, il punto di origine della traccia ematica.

Una considerazione ancora va fatta per chiarire le dimensioni che assume la traccia in dipendenza dell’altezza da cui cade. Esattamente, il diametro della traccia aumenta all’aumentare dell’altezza da cui la goccia precipita.

Un’ultima doverosa riflessione merita l’effetto del tempo sulle tracce ematiche: ricordiamo, infatti, che il sangue coagula abbastanza rapidamente, quindi una goccia inizialmente fluida assume la caratteristica di coagulo dopo appena 12-13 minuti, alterando in parte l’iniziale morfologia e la possibilità di creare pattern di tipo swipe-wipe.

Tutto ciò va considerato nella visione di insieme durante le attività di repertazione sulla scena del crimine, creando uno scenario il più delle volte estremamente complicato e difficilmente riconducibile alla semplificazione trattatistica e agli elementi qui esposti.

Le varie tipologie di pattern ematici si modificano considerevolmente in relazione alle differenti tipologie di superfici, alla temperatura, agli eventi atmosferici e alle contaminazioni di vario tipo (insetti, liquidi, polveri, ecc), contribuendo a rendere molto difficile l’intervento degli esperti sulla scena.

2.4 Repertazione delle tracce ematiche.

La documentazione delle tracce ematiche ritrovate su una scena del crimine riveste un ruolo di primo piano nell’avvio delle indagini e nella strutturazione delle stesse.

Si può facilmente comprendere, infatti, come sia di vitale importanza la conduzione di una refertazione che sia la più minuziosa e dettagliata possibile.

Gli scopi della documentazione sono molteplici, tra cui quello di fornire delle prove oggettive in sede dibattimentale, quello di permettere una analisi conducibile a posteriori e ripetibile ma soprattutto quello più semplice ed immediato: registrare con chiarezza e indiscutibile oggettività la scena nella sua integrità.

Una corretta documentazione consentirà di evitare degli artefatti in sede di analisi e di fornire una prova incontrovertibile e che non sia oggetto di valutazioni soggettive. Quindi la corretta repertazione non deve essere sottovalutata ma al contrario enfatizzata sempre.

Sulla scena del crimine, pertanto, l’osservazione precede sempre e in maniera inevitabile tutte le fasi susseguenti. L’analista che interviene sulla scena di un delitto dovrà innanzitutto osservare tutte le componenti costitutive al fine di programmare correttamente le azioni successive.

Possiamo schematicamente scomporre le fasi della documentazione in quattro successive azioni: la raccolta di materiale, la fotografia delle tracce ematiche e una registrazione video, un disegno dell’ambiente e delle tracce, il rapporto scritto.

La raccolta deve essere condotta con attenta precisione per evitare di consegnare agli analisti di laboratorio dei campioni che non siano utili ai fini dell’indagine o della diagnosi da condurre.

Una delle cose più importanti è il riconoscimento di specifici pattern di traccia ematica, in quanto è facilmente comprensibile come il mancato riconoscimento di una tipologia di traccia può inficiare tutto l’apparato di indagine e fuorviare gli indirizzi intrapresi dagli investigatori. Ogni traccia deve essere etichettata in maniera utile e univoca in maniera da correlarla direttamente in futuro.

La raccolta deve essere condotta anche in modo quantitativo oltreché qualitativo, per cui è necessario e imprescindibile disporre di una quantità sufficiente di sangue o reperto qualsivoglia da consegnare poi in laboratorio. In mancanza di questa semplice condotta ogni sforzo del laboratorio sarà reso vano.

Purtroppo, non esistono degli standard sui metodi di raccolta, che differiscono da organizzazione e organizzazione nei vari Paesi del mondo, ma il buon senso suggerisce comunque di rapportarsi in maniera diretta con gli analisti in caso di situazioni dubbie e in ogni caso raccogliere sempre abbondante materiale da ogni porzione di area indagata.

Indipendentemente dal metodo utilizzato l’imperativo è quello di evitare le contaminazioni in fase di raccolta. Per evitare che ciò succeda è consigliabile seguire alcune semplici ma fondamentali raccomandazioni: usare sempre guanti nuovi e cambiarli frequentemente quando si viene a contatto con diversi tipi di traccia; usare bisturi e rasoi monouso per lo scraping delle tracce secche; usare tamponi sterili o siringhe e pipette per raccogliere qualsiasi tipo di reperto liquido, cambiando sempre il bisturi o la pipetta tra una traccia e l’altra.

(…)

FONTE:

MIRCO TURCO, GIUSEPPE LODESERTO, MARIA ROSARIA BRUSCELLA (2016). CRIME ANALYST, ASPETTI PSICOCRIMINOLOGICI E INVESTIGATIVI, PRIMICERI EDITORE, 2016.

Crimini e nuove Tecnologie

La protezione dei sistemi informatici è ormai oggi un grosso impegno, non solo economico, per molte aziende e pubbliche amministrazioni. I sistemi informatici gestiscono ormai miliardi di dati e quindi miliardi di segreti industriali che, ovviamente, devono essere protetti e opportunamente gestiti. Il mondo di internet ha aperto, oltre a vantaggi palesi, anche migliaia di nuove problematiche proprio legate al concetto di sicurezza aziendale. Ogni organizzazione oggi possiede (dovrebbe possedere) una vera policy di sicurezza al fine di combattere attacchi interni ed esterni (inside e outside attack).
Esistono sostanzialmente due fronti di quello che è conosciuto come computer crime: gli hacker e gli insider.
Gestire la sicurezza aziendale oggi non è compito facile proprio in virtù delle molteplici minacce e della complessità intrinseca della materia.
Da un punto di vista teorico e pratico un sistema può essere considerato sicuro quando riesce a soddisfare alcuni principi:
• confidenzialità: accesso ragionato e protetto delle informazioni;
• disponibilità: possibilità di accedere ai dati;
• integrità: considerare il dato integro.

I crimini aziendali interni (insiders) sono molto insidiosi anche perché difficilmente denunciati alle polizie, al fine di proteggere l’immagine aziendale.
Gli attacchi inside comportano:
a) un danno primario: divulgazione dati sensibili
b) un danno secondario: perdita di immagine
Tali danni comportano ovviamente problematiche finanziarie.
Alcune ricerche condotte anche a livello internazionale mostrano che i crimini inside sono sostanzialmente maggiori rispetto a quelli outside e che, paradossalmente (ma non troppo) esiste poca consapevolezza e percezione del crimine/reato informatico.
Gli autori dei crimini informatici interni sono, inoltre, difficilmente rintracciabili ed hanno conseguenze allarmanti per tutte le organizzazioni. E’ importante sottolineare che il computer altera sostanzialmente la percezione del crimine (tecno-mediazione).
Alcuni modelli di criminal profiling e le indagini relativi evidenziano che la maggioranza di crimini inside è fatta da dipendenti celibi, di sesso maschile, con un’età di circa 30 anni. Le ragioni spesso sono: difficoltà finanziarie personali o familiari, vendette, insoddisfazioni lavorative (retribuzione, clima lavorativo, …), sensazione di non essere sufficientemente apprezzato dall’azienda, disturbi psichiatrici.
Ai fini della prevenzione e della lotta a tale criminalità, oltre ai riferimenti normativi (legge sul computer crime, privacy, …) occorre operare attraverso opportune strategie di analisi dei rischi e tramite una opportuna formazione tecnica, legale e psicologica. In ogni caso, il fattore principale di rischio è sempre quello umano!

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