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L’Ipnosi come Risorsa per lo Sport

L’ipnosi nello sport e nella pratica sportiva comincia a diffondersi maggiormente anche in Italia, sebbene manchino ancora dei protocolli di ricerca precisi. L’ American Psychological Association (divisione 30) definisce l’uso dell’ipnosi nel miglioramento delle performance come una ipnoterapia. In ogni caso, ricordiamo che essa è un fenomeno psicosomatico che produce cambiamenti rilevanti e sperimentalmente dimostrati.

L’ipnosi è una vera e propria risorsa per lo sport  e può aiutare l’atleta a rinforzare il raggiungimento degli obiettivi (Goal Setting), contribuendo principalmente al rilassamento psicomotorio. Ma non solo. Il suo contributo è esteso a:

  • aumentare i livelli di attenzione e concentrazione
  • accrescere il controllo e la gestione del dolore
  • migliorare la consapevolezza corporea
  • favorire la gestione dello stress
  • favorire la gestione dell’ansia
  • aumentare la motivazione
  • rinforzare la routine in allenamento e in gara

Nello sport è possibile applicare anche l’ipnosi vigile (Alert Hypnosis), ovvero “quando le persone sembrano eseguire comportamenti e suggerimenti esterni, mentre sono fisicamente molto attive.” Esistono, infatti, dei modelli di induzione in cui si danno dei suggerimenti di vigilanza, attenzione, freschezza e fluidità al posto di quelli tradizionali (sonnolenza, rilassamento, quiete).

L’ipnosi nello sport può aiutare l’atleta anche nel superare alcune convinzioni limitanti, così come atteggiamenti di autosvalutazione, demotivazione, paura di deludere gli altri, autostima ed autoefficacia.  Può aiutare gli atleti ad ottimizzare le strategie di coping, migliorando gli atteggiamenti positivi anche e soprattutto in fase di gara.

Esistono diversi modelli di ipnosi che si possono applicare nello sport e nell’ambito delle prestazioni sportive: dal Modello Multidimensionale, al Modello Sfera, al Multi Level Hypnotic Model.

Tutti i metodi devono tener anche conto della soggettività dell’atleta e sono strutturati in vere e proprie sessioni. Si parte dall’assetto mentale, alla gestione delle eventuali difficoltà (es. fattori distraenti), sino al controllo dell’attivazione fisiologica e delle emozioni. Tecniche di Imagery (visualizzazioni) e di Self-talk sono le strutture portanti dei diversi modelli.

L’ipnosi nello sport può trovare applicazioni anche nella gestione degli infortuni e nel recupero. Particolarmente indicata per gli sport individuali e in quelle attività che richiedono organizzazione, pianificazione e gestione attenta e concentrata del “gesto” atletico. In generale, se riflettiamo, tali prerogative sono tipiche di tutti gli sport, anche in quelli di squadra, dove l’ipnosi può incrementare al contempo la performance, la motivazione, lo “spirito di gruppo”.

L’ipnosi è una grande risorsa anche per lo sport!

L’Ipnosi nei Disturbi d’Ansia

L’ansia può essere considerata un’attivazione psicofisiologica che eccede rispetto ai livelli richiesti dalla situazione, assumendo dimensioni sproporzionate e creando un disagio significativo nello stesso individuo. Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V) rientrano trai i Disturbi d’Ansia:

  • disturbo d’ansia di separazione
  • mutismo selettivo
  • fobia specifica
  • ansia sociale
  • disturbo di panico
  • agorafobia
  • disturbo d’ansia generalizzata
  • disturbo d’ansia indotto da sostanze/farmaci
  • disturbo d’ansia dovuto ad una condizione medica
  • disturbo con ansia con altra specificazione
  • disturbo d’ansia senza specificazione

L’eziologia specifica dei disturbi d’ansia non è stata ancora ben identificata. Tuttavia, si può affermare che essa deriva da correlazioni genetiche e fattori temperamentali.

Sorvolando sui criteri diagnostici di ogni disturbo d’ansia, affrontati diversamente in altri articoli del presente blog, il trattamento indicato sembra essere quello che privilegia un approccio integrato (psicoterapia e farmacoterapia). L’utilizzo di soli farmaci potrebbe creare una dipendenza psicologica e aumentare la paura nell’individuo di non farcela in altro modo. L’ipnosi sembra utile per affrontare le problematiche ansiose agendo su più livelli:

 

  • modificazione dell’attivazione psicofisica
  • facilitazione del rilassamento
  • miglioramento della consapevolezza
  • promozione della vita emotiva
  • promozione del benessere

L’ipnosi, inoltre, può incidere sul piano cognitivo per individuare idee irrazionali e disfunzionali, attivando risorse personale e potenzialità per trovare nuove strategie di fronteggiamento e gestione dell’ansia, oltre che sul piano comportamentale. Il lavoro sulle emozioni è poi centrale per le persone con disturbo d’ansia e l’ipnosi, seguendo un approccio ericksoniano, diventa una “strada maestra”. Le tecniche ipnotiche, inoltre, consentono di dare collocazione, forma e colore alle varie sensazioni che vive la persona ansiosa, manipolandole e quindi modificandole strategicamente. In tal senso, l’ipnosi opera anche come desensibilizzazione.

L’ipnosi  può avere un impatto significativo sul benessere psicologico della persona e risulta molto utile (evidence based) per il trattamento dei disturbi d’ansia, soprattutto quando la persona mostra serie difficoltà nel rilassamento e nell’autoregolazione.

Ipnosi, sovrappeso e obesità

Obesità e sovrappeso sono condizioni disabilitanti e rappresentano una vera e propria urgenza medica! Esse, infatti, predispongono all’insorgenza di molteplici disturbi e patologie croniche. Secondo alcuni dati forniti dall’OMS, negli ultimi trent’anni, il numero di persone obese nel mondo è praticamente raddoppiato.

Le persone obese presentano frequentemente anche stanchezza e affaticamento durante il giorno e possono presentare concomitanti disturbi del sonno. Frequentemente, si riscontra anche una compromissione nell’apparato muscolo-scheletrico. Il 70% delle persone che hanno in diabete di tipo 2 sono in sovrappeso con un BMI di 30 o maggiore. La prevalenza del diabete di tipo 2 è di circa 5 volte  più alta per gli uomini e 8,3 volte per le donne obesi rispetto ad individui con peso normale. Altre ricerche mostrano correlazione tra obesità e 7 forme di cancro. L’obesità, inoltre, sembra anche influire sulla fertilità a causa delle consequenziali alterazioni ormonali.

La persona obesa e in sovrappeso vive anche uno stato psicologico “sofferente”: bassa autostima, limitazione della vita sociale, disturbi dell’immagine corporea, altre problematiche mentali. Nell’eziologia e fisiopatogenesi è molto importante, infatti, indagare anche sui meccanismi inconsci che spingono la persona obesa a boicottare diete, piani alimentari e attività fisica. Esperienze traumatiche durante l’infanzia e l’adolescenza possono causare alcune forme di obesità, pur sottolineando la rilevanza anche della componente sociale.

IMC tra 18,5 e 24,99 NORMOPESO

IMC tra 25 e 29,99 SOVRAPPESO

IMC tra 30 e 34,99 OBESITA’ CLASSE 1

IMC tra 35 e 39,99 OBESITA’ CLASSE 2

IMC > 40 OVESITA’ CLASSE 3

L’ipnosi offre diverse possibilità di intervento e a livelli differenti per persone in sovrappeso e obese, che vanno oltre il “normale” supporto psicologico. Attraverso l’ipnosi si può esplorare nel passato e nella vita attuale del paziente, il significato del cibo, contribuendo alla risoluzione degli eventuali complessi e conflitti inconsci; si può lavorare sul senso di fame e sazietà, stimolando disinteresse e a volte, avversione verso alcuni cibi o abitudini alimentari; è efficace per controllare alcune situazioni ambientali e comportamenti che innescano l’assunzione eccessiva del cibo. Inoltre, attraverso l’ipnosi si può:

-aumentare la compliance della persona per seguire un piano alimentare o dieta;

-migliorare l’immagine corporea e aumentare la stima di sé;

-rinforzare l’io;

– migliorare il processo decisionale e la motivazione;

-ridurre e gestire i livelli di stress e ansia;

-lavorare sulle emozioni e potenziare l’assertività;

-migliorare lo stile e la qualità della vita.

Il livello di efficacia dell’ipnosi (evidence-based) per il sovrappeso e l’obesità risulta essere molto buono. Un esempio di intervento potrebbe essere quello di “lavorare” in una fase iniziale sul rilassamento e l’autocontrollo, poi sull’immagine corporea, rinforzando anche la motivazione, per poi affrontare la fase della resistenza al cambiamento e consolidare il nuovo stile di vita.

Ipnosi e Sistema Nervoso

Le conoscenze sull’Ipnosi e sui suoi meccanismi, nel corso degli ultimi anni, hanno raggiunto livelli avanzati. Possiamo parlare -soprattutto per una percentuale di scettici- di una vera e propria Neurofenomenologia. È stata, ad esempio, documentata la presenza di una “bilancia limbica”, in grado di mediare lo stato di trance, con l’amigdala come antagonista e l’ippocampo come agonista della stessa trance. Molti studi hanno confermato l’importanza del sistema limbico, quindi, nel mediare lo stato di trance.

L’ipnosi è stata associata anche ad una condizione di rilassamento psicofisico, che richiama il Sistema Nervoso Autonomo. Uno studio condotto su soggetti sani, attraverso la tecnica moderna dell’analisi dello spettro di potenza del segnale di variabilità cardiaca dell’intervallo R-R, ha dimostrato come l’ipnosi neutra (senza suggestioni specifiche) sia in grado di agire efficacemente sulla “bilancia autonomica”, riducendo l’ipertono ortosimpatico ed incrementando il tono parasimpatico-vagale. Ciò conferma come il rilassamento ipnotico sia associato ad un’intenza azione di rimodulazione del Sistema Nervoso Autonomo.

L’ipnosi, recentemente, è stata inoltre riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale come un valido e flessibile “strumento fisiologico” per esplorare il sistema nervoso centrale e periferico.

La ricerca neuroscientifica sull’ipnosi ha incluso, pertanto, studi elettrofisiologici (analisi bispettrale), neuroimaging (Tomografia Computerizzata a emissione di singolo fotone, SPECT, Single Photon Emission Computerized Tomography, Risonanza Magnetica Funzionale, Tomografia ad emissione di positroni), Neuroimaging avanzato (fMRI) e Neurofeedback.

L’ipnosi è associata all’aumento deell’attività theta (lenta) e gamma (rapida), con livelli elevati di theta associati a maggior ipnotizzabilità e responsività ipnotica.

L’analisi bispettrale e l’indice BIS sono in grado di misurare e monitorare addirittura la profondità della trance ipnotica, distinguendo così la “zona ipnotica” da diversi livelli e stati di coscienza (range tra 77 e 92).

Diversi studi di neuroimaging hanno contribuito a creare una mappa cerebrale delle regioni di interesse durante l’ipnosi. Le aree maggiormente interessate risulterebbero essere la corteccia occipitale, il talamo, la corteccia cingolata anteriore, la corteccia parietale inferiore, il precuneo e la corteccia prefrontale dorsolaterale.

Altre ricerche neuroscientifiche dimostrano che le “suggestioni ipnotiche” sono in grado di coinvolgere specifiche aree e circuiti cerebrali coerenti con il contenuto delle suggestioni stesse! Oltre alle suggestioni percettive e cognitive, risultano rilevanti soprattutto quelle ideomotorie.

Sul versante neurochimico, il sistema della dopamina, è considerato il candidato attendibile per l’ipnosi. Si è dimostrata la correlazione tra ipnotizzabilità e livelli di acido omovanillico, metabolita della dopamina, nel liquido cerebrospinale. Il cingolo anteriore e la corteccia prefrontale destra sono ricchi di neuroni dopaminergici. La correlazione osservata tra ipnotizzabilità e acido omovanillico liquorale implica, a sua volta, il coinvolgimento dei lobi frontali in cui esiste la maggior parte delle reti dopaminergiche, unicamente ai gangli alla base.

L’ipnotizzabilità elevata sembra, inoltre, essere associata ad elevati livelli di GABA.

L’ipnosi non è più oggetto di dibattiti e controversie nella comunità scientifica di specialisti e non è solo utile strumento per “indagare” il sistema nervoso, ma è un processo psicobiologico strategico in ambito medico e psicologico.

Fonte: Neurofisiologia dell’Ipnosi. G. De Benedettis. In Trattato di Ipnosi. Franco Angeli, 2021.

L’Ipnosi nel Tabagismo

Il tabagismo, al pari di altre dipendenze da sostanze, è definito come una malattia cronica recidivante. L’OMS stima che il consumo di tabacco sia responsabile del decesso di 6 milioni di persone ogni anno. Si calcola che in Italia siano attribuibili al fumo di tabacco dalle 70 mila alle 83 mila morti l’anno! Oltre il 25% dei decessi è compreso tra i 35 e i 65 anni …

Circa il 38% dei fumatori ha fatto almeno un tentativo di smettere di fumare, ma nell’80% dei casi il tentativo è fallito e della quota residua, solo il 10% circa rimane astinente per almeno 6 mesi.

La nicotina, la cui struttura è simile a quella di un neurotrasmettitore naturale (l’acetilcolina) si attacca ad un insieme di recettori neuronali. L’impulso viene proiettato al nucleo accumbens causando una liberazione di un altro neurotrasmettitore, ovvero la dopamina. Si ritiene che sia proprio tale processo a innestare il comportamento di dipendenza. Inoltre, quando le concentrazioni di nicotina nel cervello sono inferiori al  livello solito, proprio in tali zone cerebrali si si riscontra una diminuzione dell’attività neurale. Tutto ciò spinge il fumatore ad attivare quei comportamenti che hanno la funzione di ripristinare il normale funzionamento, creando la così detta “fame di nicotina”.

Alcuni studi specialistici dimostrano che i fumatori hanno un profilo di personalità caratterizzato maggiormente da bassi livelli di Coscienziosità, livelli alti di Nevroticismo e di Estroversione, bassi livelli di Gradevolezza. Altre variabili e diversi fattori, ovviamente, contribuiscono alla dipendenza da nicotina. Le donne riferiscono maggiormente che sia l’ansia la causa principale della loro dipendenza, mentre altri fumatori riferiscono che il fumo possa aiutarli nella concentrazione o nella gestione dello stress. Da precisare, invero, che il tasso di fumo per i depressi è circa il doppio di quello che si riscontra nella popolazione generale.

L’ipnosi può essere una tecnica valida per affrontare il tabagismo, pur sottolineando che l’ostacolo principale da affrontare è la motivazione reale ed effettiva nello smettere di fumare! 

La tecnica di Granone (1989) dura circa 30/40 giorni e si esplica in 10 sedute, in cui si cerca di creare soprattutto una repulsione verso il fumare. Altre tecniche utilizzano le metafore, il simbolismo, la dissociazione e la neutralizzazione dell’ansia, rinforzando la personalità e agendo sul decondizionamento. Occorre sempre sottolineare che l’ipnosi non è una pratica magica e che comunque, occorre impegno e determinazione per smettere. Motivi flebili, indecisioni, tentennamenti che possono essere notati dallo specialista, dovrebbero essere subito sottolineati, poiché costituiscono un ostacolo per l’efficacia dell’ipnosi.

“Lascio che i pazienti prendano da soli la decisione, senza alcuna forzatura …” diceva M. Erickson, il quale già parlava di diversa motivazione se una persona assumeva un tono supplichevole e di sofferenza, rispetto al tono fermo e convinto “voglio smettere di fumare”.

“… non sai in che giorno smetterai di fumare. Non sai se sarà nella prima parte di luglio; ma sei dannatamente certo che succederà prima del 15 agosto, e vorresti venderti l’anima per sapere che giorno sarà …”

In altre tecniche ipnotiche si “lavora” anche sul contatto manuale con la sigaretta, innestando, ad esempio, un contatto sostitutivo con un altro oggetto piccolo da tener in mano per qualche minuto, sino a quando la voglia di fumare svanisce progressivamente.

L’ipnosi nel tabagismo può utilizzare, quindi, tecniche strutturate e protocolli personalizzati. Il punto di partenza rimane sempre e comunque la motivazione. Paradossalmente, non sempre la salute è una motivazione sufficiente!

Sei ipnotizzabile?

La suscettibilità ipnotica o ipnotizzabilità misura la capacità di una persona di essere ipnotizzata e la profondità della trance, nonché la capacità di presentare la fenomenologia tipica della trance. Essa dipende da una capacità immaginativa di stabilire un legame mentale tra soggetto ed oggetto e da una necessaria e direi quasi “obbligatoria” relazione ipnotica.

Secondo recenti studi:

  • il 10% delle persone è scarsamente ipnotizzabile
  • il 15% delle persone è altamente ipnotizzabile
  • il 75% delle persone è mediamente ipnotizzabile

Il livello di ipnotizzabilità non sembra essere una caratteristica di personalità, ma è più qualcosa legato al tempo e alle richieste ambientali. Tale variabilità era riscontrabile sin dai primi studi sull’ipnosi e continua ad esserlo ad oggi. Contrariamente a quanto si possa pensare, le persone altamente ipnotizzabili mostrano al contempo una maggiore abilità attentiva rispetto a coloro che sono scarsamente ipnotizzabili. Possiamo comunque schematizzare affermando che l’ipnotizzabilità è una condizione dinamica dipendente da fattori di ordine neurale, psicologico e sociale.

Determinanti:

  • elevati livelli di attività theta
  • elevati livelli di connettività strutturale e funzionale tra le aree frontali biemisferiche e tra queste la corteccia cingolata anteriore
  • elevati livelli di dopamina e di GABA
  • flessibilità cognitiva

La profondità della trance può essere valutata direttamente dal clinico e attraverso misure self-report, ovvero di autovalutazione. Esistono, comunque, scale fenomenologiche valide di misura della trance, basata sul comportamento ipnotico osservabile. Le più diffuse sono la Stanford Scale e La Harvard Scale. Nel modulo A della Stanford Scale, il soggetto è sottoposto ad una serie di prove e a seconda della “risposta”, si assegna un punteggio che va da 1 a 3 se scarsamente suscettibile all’ipnosi, da 4 a 7 livello medio, da 8 a 12 livello alto di suscettibilità ipnotica.  Più alto è il punteggio, più elevata è la suggestionabilità ipnotica.

Suggestioni previste:

  1. oscillazione posturale
  2. chiusura degli occhi
  3. abbassamento della mano (sx)
  4. immobilizzazione (braccio dx)
  5. immobilizzazione dito della mano
  6. rigidità del braccio (sx)
  7. mani che si muovono insieme
  8. inibizione verbale (nome)
  9. allucinazione (volare)
  10. catalessia degli occhi
  11. comando post-ipnotico (cambio sedia)
  12. amnesia

Tra le misure di ipnotizzabilità esiste anche l’Hypnotic Induction Profile – HIP, ovvero il test di rovesciamento oculare. Si chiede ad una persona di muovere gli occhi verso l’alto e viene misurato il grado di esposizione visiva dell’iride e della cornea. Maggiore è la superfice della sclera osservabile, più una persona è ipnoticamente suscettibile. La scala è comunque ritenuta scarsamente attendibile.

L’analisi bispettrale e il BIS Index, invece, sono considerati strumenti validi e affidabili di valutazione monitoraggio della trance ipnotitca.

L’Ipnosi nella Fibromialgia

La Fibromialgia è considerata una sindrome dolorosa cronica complessa, caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso con iperalgesia. La qualità della vita viene notevolmente compromessa e il dolore è sovente associato ad una “stanchezza cronica” oltre ad altri sintomi psicopatologici (ansia, depressione, disturbi della personalità).

L’International Classification of Diseases (ICD-10), definisce la Fibromialgia come una Sindrome somatica funzionale. Essa viene spesso sottostimata e misconosciuta, pur se recentemente si è segnalato un drammatico incremento dell’incidenza, con prevalenza femminile.

Nel 2016, Wolfe et al. hanno rivisitato i criteri di identificazione per la Fibromialgia che attualmente prevede:

  • presenza di dolore generalizzato
  • sintomi presenti per almeno 3 mesi
  • indice di dolore diffuso (18 aree somatiche dolorose) e scala di severità dei sintomi (>13 punti)
  • la diagnosti è valida indipendentemente da altre diagnosi

La genesi della Fibromialgia si ritiene riferibile ad alterazioni morfo-funzionali, con ipersensibilizzazione del Sistema Nervoso Centrale. Fattori psicologici, neurobiologici, genetici possono contribuire alla sua eziopatogenesi. In modo particolare, i fattori psicologici, gli eventi stressanti e lo stile di vita rappresentano un aspetto importante. Eventi avversi della vita, così come l’abuso emotivo, fisico e sessuale sono considerati come potenziali fattori eziologici nella Fibromialgia.

Su un piano delle terapie, molti sono i farmaci utilizzati, ma la maggioranza di essi risulta essere scarso o comunque poco efficace nella cura. In particolare, ci si riferisce alla classe di farmaci antidepressivi, antiepilettici ed oppioidi.

Le terapie fisiche risultano essere utili per modulare il dolore e migliorare la qualità della vita, così come alcune terapie psicologiche. Risultati positivi si ottengono attraverso attività quali yoga, tai chi, meditazione, biofeedback, idroterapia, ipnosi. Quest’ultima risulta particolarmente indicata come strumento ausiliario per gestire il dolore cronico e i sintomi disfunzionali nei pazienti con Fibromialgia.

Si può suggerire un vero e proprio “protocollo ipnotico” costituito da una sessione di ipnosi settimanale per un periodo minimo di 3 mesi, con due sessioni mensili per i tre mesi successivi. Ai pazienti viene poi anche prescritto di praticare l’autoipnosi. Sono previste suggestioni e suggerimenti multisensoriali e di rilassamento, oltre a induzioni indirette di tipo ericksoniano per modulare il dolore. La personalizzazione della terapia, ovviamente, è da considerare sempre, sottolineando in ogni caso le tecniche dissociative, di progressione dell’età, di amnesia post-ipnotica.

Un esempio pratico può essere il Rapid Induction Fibromialgia Relief (RIFR), un’induzione che si focalizza su:

  • rilassamento progressivo
  • approfondimento della trance
  • luogo sicuro
  • suggestioni di sinestesia
  • ristrutturazione cognitiva
  • implementazione dell’autostima e dell’immagine corporea
  • riduzione dell’affaticamento
  • amnesia post-ipnotica

La Fibromialgia è una malattia degenerativa pervasiva e persistente. I sintomi, se non ben trattati, tendono al peggioramento e influiscono progressivamente e negativamente sulla qualità della vita. Un trattamento elettivo non esiste attualmente, ma l’ipnosi, insieme ad un approccio combinato, può sicuramente dare dei buoni risultati.

 

L’Ipnosi nel controllo del dolore

L’ipnosi agisce sulle componenti del dolore, ovvero sulla componente fisiologica e su quella emotiva. Inoltre, numerosi studi dimostrano l’efficacia nell’aumentare la tolleranza al dolore, alleviando la componente sensoriale-discriminativa dell’esperienza e la componente motivazionale-affettiva. L’effetto analgesico dell’ipnosi è considerato specifico e non rappresenta semplice suggestione o effetto placebo! Sul piano neurochimico, inoltre, l’analgesia ipnotica non sembra essere mediata né dagli oppiacei endogeni né dall’ACTH.

Tali considerazioni importanti provengono da una serie di studi specialistici e ricerche di settore (ivi comprese le attività di ricerca- intervento e sperimentazione condotte dal sottoscritto in materia di analgesia e anestesia ipnotica in microchirurgia. cfr articoli nel presente sito), oltre ad approfondimenti diagnostici effettuati con svariate tecniche (SPECT, PET, RM, RMN, …). L’ipnosi, pertanto, agirebbe sul flusso ematico cerebrale di alcune zone cerebrali specifiche, sulla modificazione dell’attività di alcune strutture cerebrali, sui meccanismi spinali, oltre a quelli automatici e periferici.

L’ipnosi è in grado di “manipolare” con una certa chirurgica selettività le diverse componenti dell’esperienza dolorosa e se è indicata per il dolore acuto, lo è ancora di più per quello cronico. Essa veniva usata già nell’800 come unico anestetico in chirurgia generale. Oggi, però, è ancora limitata per scarse conoscenze e ostinato e inutile scetticismo!

Trova impiego nel dolore post-operatorio, nel dolore da parto, nel dolore odontoiatrico, nel dolore dei grandi ustionati, … è nel dolore cronico però che trova grande spazio, modulando anche positivamente i concomitanti risvolti psicopatologici (ansia, depressione), nonché la qualità del sonno e della vita in generale. Si può affermare con una certa convinzione scientifica che l’ipnosi, da sola o in associazione con altri farmaci, è in  grado di controllare la maggior parte delle sindromi dolorose croniche. Evidenze cliniche dimostrano l’efficacia dell’ipnosi mediamente nel 75% dei pazienti con dolore acuto e cronico, con applicazioni importanti non solo nel dolore post-operatorio, ma an che in quello “procedurale”, ovvero legato ad interventi invasivi e cruenti. Inoltre, si può utilizzare anche per una varietà di sindromi dolorose, che vanno dalla cefalee, all’artrite, ai disturbi gastrointestinali (cfr colon irritabile), al dolore neuropatico da Sclerosi Multipla, alla fibromialgia.

L’ipnosi non va considerata una panacea, ma comunque rappresenta uno strumento versatile preziosissimo per la gestione e il controllo del dolore, offrendo al contempo un valido aiuto alla soluzione delle complesse problematiche del paziente.

L’Ipnosi nelle Cefalee

Le cefalee rappresentano la più frequente causa di ricorso al medico e la manifestazione più comune del dolore cronico e/o acuto. Le cefalee, secondo le classificazioni, possono essere “Primarie” e “Secondarie”. Le prime sono generalmente benigne e ricorrenti (emicrania, cefalea di tipo tensivo); le seconde sono causate da patologie di tipo cranico-encefalica e possono essere dovute a neoplasie, emorragie o processi infiammatori. Le Cefalee Croniche Primarie – CCP, rappresentano circa il 90% di tutte le cefalee e vengono considerate di origine multifattoriale, sebbene, lo stress giochi un  ruolo strategico nell’insorgenza, insieme a dinamiche emotive. Le CCP rientrano nella categoria dei disturbi psicosomatici e psicofisiologici, poiché i meccanismi che ne determinano l’insorgenza e la persistenza sono influenzati fortemente da fattori psicologici.

La classificazione delle cefalee è molto articolata. Si pensi che esistono 13 tipi di cefalee! L’ipnosi viene considerato un trattamento elettivo soprattutto per:

  1. Cefalea di tipo tensivo
  2. Emicrania con e senza aura
  3. Cefalea mista
  4. Cefalea psicogena

Gli approcci indiretti, ovvero quelli basati sull’ipnosi ericksoniana sembrano essere quelli più efficaci, rispetto ad approcci diretti. Una terapia ipnotica (ipnoanalisi) risulta, inoltre, rilevante quando dietro al dolore cefalgico si celano conflitti psichici rimossi. Secondo alcuni studi specialistici, l’efficacia dell’ipnosi nel trattamento della cefalea è stata dimostrata essere statisticamente superiore o equivalente rispetto a trattamenti farmacologici comunemente usati!

Tra le tecniche che possiamo citare abbiamo: il rilassamento progressivo, la dislocazione del dolore, l’immagine orientata al futuro, la distorsione temporale, l’hendache flooding, ecc… Ovviamente, la diagnosi è sempre obbligatoria e il trattamento ipnotico non sembra essere efficace per la nevralgia del trigemino e la cefalea a grappolo. Da considerare sempre e comunque la motivazione del paziente e i “guadagni secondari” della cefalea (utilità inconscia della malattia).

L’Ipnosi nella Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS)

Chi soffre di Sindrome dell’Intestino Irritabile, sovente, si trova psicologicamente al centro di un conflitto tra forze uguali e contrarie: una parte espansiva ed emotiva e l’altra parte che si oppone per timore. La persona vive tendenzialmente il desiderio di libertà e il senso di colpa; l’istinto e la ragione; il controllo e il disordine. La persona deve imparare, progressivamente, a fare spazio alle proprie esigenze, riequilibrando il rapporto e le relazioni con gli altri.

Nella patogenesi della sindrome, si riscontrano sovente alcuni tratti specifici:

  • perfezionismo
  • autocritica
  • catastrofismo
  • difficoltà ad esprimere bisogni ed emozioni

La parola d’ordine per chi soffre di IBS dovrebbe essere “LEGGEREZZA”!

In altre occasioni abbiamo specificato come l’ipnosi possa essere considerato uno strumento efficace anche e soprattutto in ambito disturbo psicosomatico. Nel caso della Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS), occorre considerare che le cause non sono ancora chiare e che esse siano comunque molteplici: disregolazione asse intestino-cervello, sistema immunitario, flora intestinale, mobilità intestinale e variabili psicosociali. Normalmente, in alcuni periodi, il disturbo è meno intenso e in altri può riacutizzarsi a causa di diete alimentari, stati emotivi e periodi di stress e ansia.

I trattamenti attraverso l’ipnosi, secondo la moderna ricerca, dovrebbero essere diretti alla riduzione del dolore addominale, all’attenuazione dello stress e alla normalizzazione del funzionamento intestinale. A tal riguardo, esiste il Protocollo di Manchester e il North Carolina (12 sedute a cadenza settimanale) che, attraverso una serie di sedute strutturate, mira alla riduzione dei sintomi e al rafforzamento dell’Io della persona. L’Ipnosi, pertanto, agirebbe sia sul sistema nervoso enterico, sia su quello automatico centrale, modificando l’attività della corteccia anteriore del cingolo e influenzando variabili psicologiche, così come schemi cognitivi ed emozioni.

L’ipnosi mira a implementare temi attinenti al benessere, alla protezione, alla calma e vengono collegati direttamente alle funzioni intestinali. Le tecniche utilizzate sono suggestioni multisensoriali, come ad esempio, la mano calda, la metafora fluviale per intervenire, ad esempio, sugli attacchi diarroici o la stipsi. Per la gestione dello stress è molto importante l’utilizzo di metafore che possono instillare un senso di disconnessione e distanza da situazioni, ambiente e pressioni sociali.

Secondo alcuni studi specialistici, i benefici dell’ipnoterapia permangono a cinque anni dalla fine del trattamento nel 83% dei pazienti.

 

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