Categoria: <span>Stile di Vita</span>

Ridi, salta, balla che ti passa

Una risata può avere un significato più profondo di quanto si possa pensare. Ridere modifica il nostro stato emotivo. Quando uscite di casa, quindi, sforzatevi di sorridere e di avere un buonumore.
È stato ampiamente dimostrato che la nostra mimica e i nostri sentimenti si influenzano reciprocamente e in modo diretto (facial feedback). Sembra una tecnica, ma di fatto è una conoscenza radicata nella memoria culturale.

La filosofia zen insegna … “A volte la tua felicità è l’origine del tuo riso, altre volte è il contrario”. Un altro trucchetto psicologico è pronunciare a voce basa la vocale “eeeeeee”. Vi accorgerete, progressivamente, che il vostro viso assumerà un’espressione felice!


Ricordatevi del  corpo! Stai dritto, siediti bene, non ingobbirti, sono espressioni che oltre alla convinzione educativa e culturale hanno, effettivamente, un senso strategico per il nostro benessere. Se conservate una postura eretta vi sentirete più sicuri di voi stessi e avrete una migliore disposizione d’animo.

Se vi sentite depressi, invece, cercate di muovervi. Passeggiare potrebbe essere il rimedio più semplice. Molti studi lo confermano. Anzi, vi consiglierei di fare dei movimenti in verticale con il  corpo. Se saltellate è meglio.

Vi sembrerà strano o folle, ma alcune terapie per il trattamento della depressione sono legate a tali concetti e alla danza. Ovviamente, non stiamo dicendo che ballare è il rimedio universale per la depressione!

Per chi vive alcune fobie è consigliabile, ad esempio, muoversi lateralmente, meglio con un ritmo di tre quarti o assumere un tipo di movimento simile a quello usato negli sport di combattimento!
Questi piccoli esempi sono illuminanti per chiarire quanto sia importante, in generale, il nostro corpo  (intelligenza corporea), anche e soprattutto quando non siamo dell’umore giusto.

 

Ipnosi e Sindrome di Silver Russell: un caso magico.

La sindrome di Silver Russell (SSR) è una malattia genetica caratterizzata principalmente da un ritardo di crescita pre e post-natale, associato a peculiari caratteristiche del volto. In taluni casi, si riscontra anche asimmetria corporea.
Secondo i dati disponibili, maschi e femmine sono affetti in egual misura.

Le cause sono di natura genetica e il denominatore comune sembra essere uno sbilanciamento nell’espressione di geni necessari per la regolazione della crescita.
Tale sbilanciamento è determinato da un fenomeno denominato imprinting genomico. Tra il 35 ed il 50% dei casi la SSR è causata da anomalie dei geni, localizzati a livello del braccio corto del cromosoma 11 (11p5).
Nel 40% circa delle persone con SSR non si riesce ad individuare una causa genetica. E’ possibile che siano in causa alterazioni dell’imprinting di geni che non appartengono né al cromosoma 7 né al cromosoma 11.
Di solito non è possibile la diagnosi prenatale in quanto la maggior parte dei casi è sporadica.

La caratteristica principale dei bambini affetti da SSR è lo scarso accrescimento corporeo. Alla nascita, sia il peso che l’altezza sono molto inferiori alla norma e tale rallentamento della crescita persiste anche successivamente.
In realtà, lo scarso accrescimento riguarda soprattutto il peso. Inoltre, non coinvolge il capo: la circonferenza cranica, infatti, accresce normalmente. Per tale motivo il capo sembra sproporzionatamente voluminoso.
La fronte è larga e prominente, contrasta con il viso triangolare e piccolo, con il mento piccolo e appuntito, la bocca larga con labbra sottili e angoli rivolti verso il basso, gli occhi grandi e le sclere blu.
Nel 60-80% dei casi è stata osservata asimmetria degli arti, di solito parziale ma non progressiva. Sono comuni la brachidattilia (dita più corte del normale) e la clinodattilia del V dito (mignolo ricurvato).
Lo sviluppo motorio, generalmente, è rallentato e in alcuni casi si può riscontrare un deficit cognitivo.
Non esiste un trattamento specifico per tale malattia, tuttavia, i bambini affetti da SRS possono essere trattati con ormone della crescita (GH).

Il problema più rilevante però, è la gestione dell’alimentazione, poiché i bambini manifestano scarso appetito e problemi gastrointestinali, come reflusso gastroesofageo e/o vomito ricorrente.
L’obiettivo principale della gestione dei primi anni è fornire, quindi, un adeguato supporto nutrizionale e calorico.
A tal proposito, in un bambino affetto da SSR è stato attuata una terapia ipnotica, consistente in sei sedute da due ore circa, con il primario obiettivo di implementare la nutrizione e quindi il peso.

Certificare il Fattore Umano Mirco Turco

 Il bambino, 5 anni, figlio unico, mostra normale socievolezza, attenzione e concentrazione nel gioco libero e in quello guidato. Ricerca, inoltre, molto il contatto fisico e la vicinanza. Si evidenzia una difficoltà nelle espressioni emotive del viso, ad eccezione della gioia. Manifesta, inoltre, un ritardo significativo nel linguaggio e nella comunicazione.
 È stato nutrito, prevalentemente, con l’ausilio di sondino e cannule.
 I genitori palesano molta ansia a causa della situazione e manifestano, a tratti, una comunicazione discordante. Il bambino è assistito, prevalentemente, da una terza figura, una tata. L’ambiente dove vive il bambino è comunque confortevole e non si registrano altre anomalie significative.

L’approccio ipnotico è stato orientato gradualmente, attraverso il gioco libero. Il bambino ha mostrato, da subito, interesse e coinvolgimento. Ha palesato, già durante la prima sessione, rilassamento e sonnolenza con una riduzione della motilità. Le sedute successive hanno avuto la stessa durata e sono state arricchite da stimoli e condizionamenti legati al cibo e al gusto.
Già dalla terza sessione di ipnosi, il bambino mostra maggior interesse verso il cibo e un comportamento di esplorazione più motivato. Durante le sessioni, mangia tranquillamente e in autonomia alcuni pezzi di pane.
A distanza di una settimana, il bambino ha abbandonato la nutrizione con i vari sondini e si avvicina in modo più normale al cibo su una tavola bandita riccamente.
Per rinforzare il nuovo apprendimento, è stato coinvolto in attività semplici di cucina, come preparare un dolce, apparecchiare tavola, assaggiare e valutare una pietanza.

L’aspetto “magico” di questa storia clinica non riguarda l’efficacia dell’ipnosi, su cui, non nutro, ovviamente, dubbi, ma sulla constatazione che il lavoro ipnotico, nella sua complessità, “funziona” anche indipendentemente dalla lingua e dalla cultura. Il bambino in questione, infatti, è straniero!

Il rettile che è in noi.


Tutte le cose che mi piacciono sono illegali, immorali oppure fanno ingrassare (A. Woollcott).

La struttura del cervello va analizzata da un punto di vista dell’evoluzione. Questa pseudologica appare paradossale, poiché, ogni volta che le attività e i comportamenti che il cervello deve governare si complicano, nuove strutture crescono sopra quelle più antiche. I livelli nuovi devono convivere con quelli più vecchi e il problema sostanziale è che non se ne possono affatto sbarazzare!
Per noi, i piani bassi di questo ipotetico palazzo, vengono rappresentati dal cervello dei rettili. All’interno della nostra sopravvalutata scatola, abbiamo in comune qualcosa con i coccodrilli e le lucertole …
La sopravvivenza di un rettile è organizzata in base a quattro obiettivi fondamentali:
1. Nutrizione.
2. Riproduzione.
3. Attacco e fuga.
4. Esplorazione.


In pratica, il primo interesse esistenziale per noi “rettili” è la nutrizione. Mangiare tutto quello che troviamo, poiché il domani non esiste! Oggi, ovviamente, tutti concordiamo che le cose sono mutate, ma non possiamo convincere quella parte del cervello che la pensa diversamente. Il cervello rettiliano, infatti, è così antico da non essere modificabile e di fatto, non apprende.
Il rettile che è in noi è sprovvisto di freni morali e non conosce leggi. A tenerlo a bada è solo l’inquilino del piano di sopra, la neocorteccia prefrontale. Una delle sue funzioni è proprio quella di inibire o modulare l’attività del rettile. Il problema, questa volta, è che la corteccia prefrontale va allenata!
Oggi, sappiamo che siamo mossi, tra l’altro, da due piaceri fondamentali: il piacere consumatorio e quello anticipatorio. È meglio consumare o desiderare? Sembra un dilemma amletico, ma gli antichi sostenevano che “ogni animale è triste dopo l’accoppiamento”. È meglio vivere di gioie che vengono dall’attesa? È meglio l’attesa del piacere che il piacere stesso?


Il piacere consumatorio è quello che si prova nel momento della soddisfazione di un bisogno primario, ad esempio, durante l’assunzione di un cibo prelibato. Il piacere anticipatorio è legato, invece, al desiderio. Quando ci sentiamo, ad esempio, attivati verso un determinato obiettivo, viviamo in una situazione di desiderio intenso che pur diverso dal piacere consumatorio è comunque stimolante.
Il piacere consumatorio è legato alla classe degli oppiacei. Il piacere anticipatorio si basa, invece, sulla mediazione di un neurotrasmettitore, la dopamina. La scarica di dopamina viene percepita dal cervello come un’anticipazione del piacere consumatorio, ed è questo che ci spinge ad agire!
Quando otteniamo qualcosa, acquistando magari la padronanza di un’attività o mentre conquistiamo un obiettivo, avviene un “picco” del rilascio di dopamina. Il picco ha uno scopo preciso: la dopamina agisce in modo coordinato con l’acido glutammico per fissare il legame tra i neuroni che si sono attivati nel generale il comportamento vincente. In tal modo, memorizziamo tutti gli aspetti che sono stati utili per raggiungere proprio quell’obiettivo: sensazioni visive, uditive, viscerali, motorie, quindi, l’atteggiamento mentale giusto!

Potremmo dire che il senso di padronanza acquisito e la sensazione di potercela fare, scatenano il rilascio di dopamina e poi, alimentano il desiderio di ripetere l’esperienza. Quando l’obiettivo è scontato, il senso di padronanza o sfida viene stimolato poco e, di conseguenza, anche il rilascio di dopamina. Attenzione a quando l’obiettivo è semplicemente considerato impossibile. In tal caso, non vi sarà alcun rilascio.
Il piacere di sentirsi capace rappresenta un meccanismo fondamentale per la sopravvivenza, soprattutto per noi esseri umani, che nasciamo inermi e con pochissime competenze. Ricordiamo, inoltre, che il senso di padronanza si acquisisce solo con una forte automotivazione e con ferrea perseveranza.

Fonte: OPUS, Pietro Trabucchi. Corbaccio, 2018.

Ipnosi: c’è chi la chiama ancora magia.

IPNOSI: C’è chi la chiama ancora MAGIA!

scelte

Sembrerà strano ma la gente la chiama ancora magia! Mi riferisco a quello stato naturale in cui, per svariate ragioni e in più momenti della giornata “cadiamo” spontaneamente. Parlo dell’IPNOSI.

Nel 2015, l’Istituto Nazionale della Salute e della Ricerca Medica francese ha pubblicato un rapporto “evidence based” sull’efficacia clinica della pratica ipnotica in ambito medico e terapeutico. Il rapporto, in oltre duecento pagine, si riferisce ai risultati di svariati studi sistematici e meta-analisi, confermando l’efficacia terapeutica dell’ipnosi nel contesto pre-operatorio, nell’ipnosedazione, nel dolore cronico, nell’ansia, nella sindrome da intestino irritabile e in altri ambiti clinici. Inoltre, sottolinea l’assenza di rischi collaterali. Se non fosse abbastanza, si ha una significativa riduzione del consumo di farmaci analgesici e sedativi (fonte: Brainfactor).

Su questo, uno studio-ricerca condotto da me nel 2012 a Lecce, in materia di microchirurgia oculistica (2012. “Phacoemulsification in hypnotic analgesia”. XVI KMSG International Congress – Nice – Hotel Nice Plaza, sabato 16 giugno 2012 nella sessione Cataract surgery & IOLs, Nice) già ne dava evidenze e conferme!
Gli effetti dell’ipnosi sono confermati anche dalle moderne tecniche di imaging che hanno appurato variazioni dell’attività di alcune regioni cerebrali nei soggetti ipnotizzati. Quindi, l’ipnosi ha “prove biologiche”!
Anche il giornale Le Monde titolava: “L’ipnosi permette di ridurre il consumo di farmaci analgesici e sedativi” e ulteriori evidenze ci vengono fornite da rapporti sistematici delll’Université de Bourgogne.

I francesi hanno fatto però anche altro. Hanno messo a punto un applicativo di ipnosi medica attraverso la Realtà Virtuale, funzionate con comuni visori. Dopo due anni di ricerca e sviluppo, il medico anestesiologo Denis Graff, di Rhéna-Clinique de Strasbourg, insieme alla collega Chloé Chauvin e all’esperto di nuove tecnologie Nicholas Schattel, ha realizzato un prodotto destinato ad abbattere costi e “danni collaterali” dei metodi tradizionali di anestesia a cui vengono sottoposti i pazienti in chirurgia.
Il dispositivo, denominato Hypno VR immergerebbe il paziente in un ambiente “strutturato”, con stimoli sonori e visivi ipnotici: musiche, testi, immagini e voci si alternano e si sovrappongono per portare la persona nello stato di ipnosi desiderato, in funzione del tipo di intervento che deve essere eseguito. Questa tecnologia permetterebbe la stimolazione dei sensi del paziente e la focalizzazione dell’attenzione. Creerebbe, inoltre, disorientamento dello spazio e del tempo, in modo da creare una progressiva modificazione di coscienza. In tal modo, la percezione del dolore tende a scomparire. Si parla, dunque, di vera e propria rivoluzione per la clinica.

Paura Ipnosi Mirco Turco Psicologo Spiegazione
In Italia, le cose vanno molto lentamente, un po’ per ragioni apparentemente sconosciute, un po’ per cultura! Esiste, infatti, ancora molta disinformazione. Recenti ricerche confermano quanto verificato anni fa in una mia ulteriore indagine in materia di “rapine mediante ipnosi”, in cui si evidenziava un totale scetticismo. Molti intervistati parlano ancora di manipolazione psichica o di tecniche di mentalisti. Altri si riferiscono a pratiche esoteriche. Pochissimi, compresi specialisti, la conoscono come tecnica medica e oltre il 50% della popolazione ignora l’autoipnosi. Da un altro lato, però, circa il 60% si dichiara disposto a provarla. Ma tra il dire e il fare … c’è la paura. La paura dell’ipnosi, di rimanere “intrappolato”, di perdere il controllo, di scoprire segreti!
A questo punto … provare per credere!

Ipnosi di gruppo

Il Domani è Oggi

Il Domani è Oggi. 

Introduzione

Vi sembrerà strano, ma tutti, siamo puntualmente in ritardo!
Il nostro cervello, infatti, elabora le informazioni dopo qualche frazione di secondo dalla percezione degli stimoli che provengono dal mondo circostante. Quindi, che lo vogliate o meno, il rapporto con il tempo è comunque vincolato oltre ad essere squisitamente capriccioso e soggettivo.
Lo studio sul tempo e sulla tendenza a rimandare parte qualche anno fa, quando dovevo “inventare” una tematica nuova e affascinante per discutere la mia tesi di laurea in psicologia. Ironia della sorte, trovai però un docente universitario che per quanto entusiasta e interessato rimandava sempre i miei appuntamenti e il grosso rischio, per me ovviamente, era quello di procrastinare anche la mia data di laurea.
Fortunatamente o sfortunatamente, ancora oggi non sono in grado di dirlo, avevo la sensazione che il tempo trascorreva velocemente e il mio animo forse inquieto mi diceva, invece, – lo fa imperterrito ancora – che mi dovevo sbrigare!

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È assodato dirvi che cambiai tematica e quindi anche docente universitario! La mia priorità, il mio focus era laurearmi in una data precisa e non ammettevo procrastinazione alcuna.
L’anno dopo alla mia laurea, decisi di mettere nero su bianco il materiale che avevo ricercato con tanta sensata parsimonia e pubblicai il mio primo libro da un titolo alquanto improbabile: Procrastinazione Universitaria e Disorientamento Personale. Avrei voluto dedicarlo a quel professore ma fui diplomatico e lasciati perdere.
Sicuramente, se avessi studiato al tempo meglio strategie di marketing, avrei trovato un titolo differente!
Di fatto, in meno di un centinaio di pagine illustravo le ricerche internazionali sul tema della procrastinazione, ovvero della tendenza a rimandare, sottolineando, con velata enfasi che ognuno di noi, almeno una volta nella vita ha rimandato qualcosa: una decisione, un compito, un comportamento.
Chiaramente, l’impegno di tradurre e adattare le ricerche avvenute in altri Paesi non fu semplice ma la volontà si trasformò in spietata ostinazione, poiché mi accorgevo, progressivamente, che la tematica riguardava ognuno di noi, a trecentosessanta gradi e in ogni ambito; dallo studio, alla vita privata, a quella relazione, sino a quella lavorativa.

Antistress
Da quei primi studi ho ricavato anche altre due “leggi” importantissime e strategiche per le umane esistenze e per la mia:
1. Per ottenere dei risultati differenti occorre fare cose diverse ma soprattutto cambiare, in un certo modo, la nostra forma mentis.
2. Le persone, in generale, hanno una grande difficoltà nel cambiare e soprattutto devono sapere in che modo farlo. Tale difficoltà è così radicata che spesso non vogliamo mutare abitudini difettose o comportamenti che portano da nessuna parte, quasi fossimo orientati naturalmente al masochismo.

Qualcuno, sicuramente, potrebbe inneggiare a una o più solite originali leggi della motivazione, cioè che occorre, per forza, essere sufficientemente motivati ma ho scoperto, nuovamente, tra teorie e pratiche, che in talune occasioni non è solo questione di motivazione e che non possiamo sempre aspettare la vena giusta, l’ispirazione, la spinta proficua. Occorre essenzialmente iniziare!

Procrastinazione universitaria e disorientamento personale
Qualche anno più tardi, trasformai il mio primo saggio sulla tematica, in verità unica opera in Italia scritta sino a quel momento, in un secondo libro dal testo sicuramente più originale e ammagliante: Il Domani è mai: 29 modi per smettere di rimandare.
Ebbe, sin da subito, un discreto successo, poiché era un condensato di spiegazioni e argomentazioni sull’identità del procrastinatore, delineando un vero profilo o identikit ma soprattutto suggeriva in modo velatamente sottile e persuasivo come fare a smettere di rimandare.
Il destino o fato avverso o le stelle pigre, vollero che il testo si trasformò, per qualche insensata ed oscura legge del mercato, in un oggetto introvabile! E ancora oggi lo è, tanto che mi capita di ricevere alcune email o telefonate di persone che mi chiedono disperatamente il libro e mi ritrovo, mio malgrado, a rimandare ad altri tempi la spedizione!


Nel libro, suggerivo, inoltre, in modo ludico ma professionale, almeno 29 modi per combattere la problematica. La gente è attratta dai numeri o dalle statistiche, danno un senso di maggiore efficacia e stabilità!
Quando la gente mi chiedeva perché 29 modi? Bhè, perché ne avevo trovati 29 sino a quel momento e se avessi perfezionato meglio sempre il fatidico marketing, lo avrei sottolineato diversamente, magari con 69 sfumature per smettere di rimandare!
Sono giunto quindi alla conclusione di dover scrivere un nuovo libro, partendo proprio da quelli precedenti, ampliandone in modo pragmatico le argomentazioni e le soluzioni.

Il Domani è Oggi presume arricchire il versante cognitivo, emotivo e motivazionale del lettore che si trova, suo malgrado, a identificarsi proprio con il procrastinatore.
È un libro ugualmente utile agli altri, a tutti, poiché enfatizza una costante della vita, ovvero il tempo, nella sua percezione oggettiva e soggettiva, nel suo vissuto e nel suo scorrere creativo, indeciso o convinto.
Per quanto la fisica, da Einstein in poi, consideri il tempo un’illusione ostinata, la ricerca neuroscientifica ci dice che tutti gli esseri viventi possiedono un “senso” del tempo ed è proprio questo che conta ed ha, indiscutibilmente, un immenso valore magico.

In fondo, il tempo è proprio una cosa buffa! Oggi c’è e domani pure ma, a volte, non c’è né oggi né ci sarà domani.
Dove andrà mai? Cosa mai avrà da fare? Strana sorte quella del tempo. A volte, è poco, altre volte troppo; è mutevole… cambia e cambia ancora, gioca, si ferma, corre, si eclissa, riparte.
Forse, un giorno, ce ne sarà abbastanza per comprendere che era con noi e per noi ma che, ormai… si è perso!

Il tempo

PSICOLOGIA

Ipnosi Ericksoniana Mirco Turco

Ipnosi in Medicina: analgesia e anestesia ipnotica

Ipnosi Medica: analgesia e anestesia ipnotica


Una definizione di ipnosi non è semplice o, probabilmente, sarebbe alquanto pragmatico partire da ciò che non è ipnosi. Dalle prime definizioni di Braid, alle precisazioni psicosomatiche, da Freud a Fromm, da Erickson sino alle definizioni “dinamiche”, arrivando alle recenti conferme neuropsicologiche. L’ipnosi non è suggestione né semplicemente un’alterazione dello stato di coscienza. L’ipnosi è una forma di comunicazione profonda e autentica, attraverso la quale la persona accede più facilmente a parti di sé altrimenti sopite, taciute, strategicamente velate. E’ una forma elettiva di comunicazione e sicuramente è anche uno stato di apprendimento inconscio. L’ipnosi è modificazione transitoria di stati fisiologici e di sensazioni, di percezioni, pensieri, memorie e comportamenti.


Durante l’ipnosi si assiste ad una modificazione temporanea e funzionale delle sensazioni, delle percezioni, dei pensieri, della consapevolezza, della memoria e dei comportamenti. La trance ipnotica è strettamente correlata alla fisiologia ed alla struttura del sistema nervoso centrale ed autonomo ed è connessa con tratti personologici, con le aspettative del soggetto, con il contesto e con la qualità della relazione con l’ipnotista.

L’ipnosi e la terapia ipnotica appaiono approcci strategici per la risoluzione di svariate problematiche psicologiche ed al contempo costituiscono anche strumenti elettivi nella pratica medica in generale e in medicina di urgenza, chirurgia, ostetricia, odontoiatria, malattie gravi (es. cancro). Questo versante però è ancora poco conosciuto e diffuso in Italia. Esistono, inoltre, evidenze sull’applicabilità dell’ipnosi nella terapia antalgica, nell’analgesia e nell’anestesia.
I primi studi sul “controllo del dolore” e ipnosi possono essere attribuiti ai coniugi Hilgard intorno alla fine degli anni ’70, che dimostrarono come i livelli di anelgesia possono essere correlati al grado di ipnotizzabilità dei soggetti. Essi stessi dimostrarono che l’effetto analgesico raggiungibile mediante ipnosi non è semplicemente riconducibile all’effetto placebo o ai fenomeni di analgesia da stress o ansia o paura, né dipende dalle endorfine e non è reversibile con antagonisti degli oppioidi (naloxone) e non è legato neanche a modulazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene ma è, in realtà, un effetto specifico.
Lo stato ipnotico determina alcune modificazioni nelle strutture deputate al controllo cognitivo in grado di rendere “indisponibili” alla coscienza ordinaria alcuni processi. L’osservatore nascosto, ovvero una parte dissociata dell’io, rimane, comunque attiva.

scelte
Nel 1994 l’Associazione Internazionale per lo studio del dolore definisce il dolore come esperienza mentale. A tal riguardo, è accettato che l’ipnosi svolga un ruolo attivo e pragmatico proprio nel controllo del dolore, ad esempio, a partire da strategie di defocalizzazione dell’attenzione. Essa agisce sull’agente lesive e sull’area interessata ma anche sull’ansia derivante. La condizione ipnotica sarebbe in grado di modulare dei sistemi sensoriali afferenti, sopprimendo anche alcuni riflessi segmentari locali. Essa è, comunque, legata al livello di ipnotizzabilità del soggetto.
Studi sulla riduzione del dolore in pazienti adulti, effettuati attraverso meta-analisi e approfondimenti statistici, dimostrano, ad esempio, che le tecniche ipnotiche nel controllo del dolore ischemico sono molto efficaci: soggetti altamente ipnotizzabili, infatti, presentavano un aumento della tolleranza al dolore del 113% verso un incremento di tolleranza del 26% in soggetti scarsamente ipnotizzabili.
L’ipnosi sarebbe idonea per alleviare la componente sensoriale discriminativa dell’esperienza dolorosa oltre alla componente affettiva.

Andrebbe precisato che l’ipnosi è utilizzata a livello mondiale per il trattamento del dolore operatorio e post-operatorio, per agevolare procedure diagnostiche o terapeutiche dolorose, per il dolore iatrogeno, per il dolore da parto, il dolore odontoiatrico, il dolore da ustioni, lombalgia, fibromi algia, sindrome dell’arto fantasma, cefalee croniche primarie, dolore oncologico e disturbi associati, …

Da un punto di vista operativo, l’analgesia ipnotica, poco conosciuta, potrebbe essere considerata come avente natura non endorfinica, non oppiacea, ovvero neurale. L’ipnotismo ericksoniano sembra avere effetti più rapidi e profondi rispetto a forme di rilassamento jacobsiano.
Altri studi specialistici raggruppano gli effetti prodotti dall’anelgesia/anestesia ipnotica:
dissociazione funzionale centrale sul neopallio , anzi, doppia dissociazione, a livello sia della corteccia somatosensoriale primaria, sia delle classiche aree limbiche corticali, come suggerito dalla variazione degli EEG in analgesia ipnotica a livello di onde gamma (32-100 Hz) relative allo scalpo prefrontale; inibizione spinale discendente sul riflesso nocicettivo R-III, inibito per 2/3, con percezione del dolore ridotta a 1/4; reinterpretazione cognitiva dell’esperienza dolorosa; disattivazione autonomica centrale, evidenziata in pupillometria ;inibizione delle capacita’ propriocettive generali, come il senso della posizione ; alterazione della mappa del dolore, con modifica sia della percezione dello stimolo algogeno sia della sua localizzazione; effetto soverchiante il placebo, e basato su meccanismi neurali differenti da quelli implicati nei processi di distrazione o di riduzione dell’attenzione; variazioni del flusso ematico a livello corticale e cingolare (subcorticale), come rivelato dalla PET su pazienti ipnotizzati sofferenti di fibromialgia; coinvolgimento dei centri corticali cingolati nella modulazione del dolore acuto e cronico; coinvolgimento corticale anteriore e cerebellare posteriore se si usano suggestioni di aspettativa e di certezza nell’analgesia; coinvolgimento corticale mediano e ippocampale se si usano suggestioni ansiogene di incertezza sul dolore.
Evidenze elettroencefaliche mostrano come la condizione ipnotica produce una riduzione dell’attività funzionale emisferica sinistra ed una implementazione di quella emisferica destra. La riduzione dell’attività corticale prefrontale sembra essere una caratteristica di tutti gli stati alterati di coscienza.

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Sessione di Ipnosi Ericsoniana di Gruppo

Sarebbe altrettanto rilevante, per una ipnosi efficace, l’interazione tra ipnotista e soggetto che produrrebbe cambiamenti anche di natura psicofisiologica. Si parla, infatti, di sincronia interattiva e comportamentale (es. posture, movimenti, respirazione, attività elettromiografia).
Esisterebbero, dunque, chiare basi neuro anatomiche e fisiologiche degli aspetti relazionali determinanti per la riuscita ipnotica. Il meccanismo che consente di cogliere l’esperienza mentale altrui è giustificato, infatti, dall’esistenza di un complesso circuito neuronale (sistema specchio).
Attraverso studi di neuroimaging si è provato che durante l’ipnosi, sia rileva un’ importante attivazione a livello di aree corticali occipitali, parietali, precentrali, prefrontali e della corteccia cingolata. Le suggestioni ipnotiche per modulare il dolore modificherebbero, inoltre, l’attività cerebrale in regioni direttamente implicate nella percezione del dolore.
La più “semplice” delle ipnosi neutre è in grado di modificare, tra l’altro, l’assetto intrapsichico associato a cambiamenti cenestesici (calore, pesantezza, etc.) oltre a evidenti modificazioni vegetative. Infine, soggetti altamente ipnotizzabili presentano livelli liquorali più elevati di Acido Vanilmandelico, principale catabolita della dopamina e della Cometil Transferasi.

Gli studi, le ricerche e le sperimentazioni condotte negli i ultimi cinquant’anni, dimostrano che l’ipnosi è in grado di ridurre o eliminare un vasto numero di dolori, sia sperimentalmente (dolore ischemico, da pressione, da freddo, da caldo, da stimolazione elettrica), che clinicamente. L’ipnosi, infine, si è dimostrata inequivocabilmente superiore ad altre tecniche psicologiche, come la distrazione e il biofeedback.

“Tutto ciò che è incomprensibile non per questo cessa di esistere” (Pascal)

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Fase del procedimento ipnotico.

Fonte: Mirco Turco. Rivista Ordine Psicologi Puglia.

psicologia e minori Mirco Turco

Insegnanti: 6 cose e mezzo da ricordare.

Insegnanti: 6 cose e mezzo da ricordare …

psicologia e minori Mirco Turco
Se avessi seguito la mia naturale vocazione? Se avessi dato ascolto ai miei interessi? Se avessi avuto fiducia nel mio istinto? Se avessi avuto una giusta guida? Se mi avessero consigliato diversamente? Bhe’ … potremmo continuare all’infinito, senza avere, in realtà, alcuna risposta esaustiva.
Il ruolo delicato degli Insegnanti è anche questo. Individuare inclinazioni, predisposizioni, talenti e soprattutto stimolare, dare esempio, fornire motivazione, ispirazione, dare fiducia.

1. Insegnate un interesse. Le persone sono estremamente più soddisfatte in un corso di studio o lavoro che corrisponda alla loro inclinazione personale. Le persone che hanno trovato un corso di studi o un lavoro corrispondente ai loro interessi sono anche generalmente più soddisfatte della vita. Rendono, inoltre, meglio! Sebbene gli interessi possano essere un qualcosa di squisitamente personale, essi si scoprono solo parzialmente con l’introspezione. Si scoprono, in realtà, attraverso le interazioni con il mondo esterno. Senza sperimentazione è impossibile capire quali interessi siano destinati a durare e quali no. Gli interessi devono anche incontrare il sostegno da parte degli adulti significativi: genitori, insegnanti, compagni, allenatori, … Lo sviluppo di un interesse, quindi, richiede del tempo. Insegnate la pazienza.

2. Oltre ad “insegnare” un interesse, occorre alimentare una passione. Le persone animate da una forte passione si applicano molto più a lungo delle altre e sono spinte verso il miglioramento continuo. Kaizen è il termine giapponese per indicare la resistenza contro il rischio di arenarsi, una volta raggiunto il plateau della curva di apprendimento. Insegnate la passione e non il sacrificio!

Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere.
3. Occorre, inoltre, prospettarsi degli obiettivi, via, via, crescenti e dedicare più tempo a quelle aree di “debolezza” o di miglioramento. A volte, la routine è fondamentale quando si tratta di fare cose difficili. Programmare la giornata, dunque, non è poi cosa tanto negativa. Insegnate a visualizzare dettagliatamente gli obiettivi. Più chiari e definiti sono, meglio è. La mente ha bisogno di direzioni!

Certificare il Fattore Umano Mirco Turco
4. In questa non facile corsa verso l’obiettivo, sarà normale incappare in errori. Ciò è quasi obbligatorio. Quindi, insegnate anche a sbagliare. Quando si compiono errori, l’insegnante, il genitore, l’ Istruttore, non dovrebbero perdere mai la calma. Anzi, all’inizio, dovrebbero incappare anche loro stessi in errori, sorridendo ed esclamando … hnnn, mi sono sbagliato! Sgridare, urlare o lanciare occhiatacce potrebbe far sperimentare la vergogna e la vergogna non serve a migliorare le cose.

5. Insegnate la speranza. La speranza che anima le persone appassionate e determinate non ha niente a che fare con la buona sorte. “Sento che domani andrà meglio” è tutt’altra cosa da “Ho intenzione di migliorare il domani”. L’ottimismo può essere appreso. Lavorare per edificare l’ottimismo è altra tappa importante. Gli ottimisti sono meno esposti a depressione e ansia, hanno migliori voti a scuola e all’ università e raramente interrompono gli studi. Da adulti, godono di migliore salute, hanno una più lunga aspettativa di vita e sono generalmente più soddisfatti delle loro relazioni.

dimmi come cammini e ti dirò chi sei mirco turco
6. Infine, insegnate la sana competizione, che non significa ostacolare gli altri, alimentando la cultura del nemico e non significa ingannare o essere furbi. Significa, “sforzarsi insieme” …

Per finire, cari insegnanti, vorrei fare un’ultima “mezza” considerazione: ponete la giusta distanza con i genitori, un saggio spazio di paziente osservazione, dialogo, ascolto, diplomazia e determinazione in cui essi stessi comprendano, grazie a voi, il loro reale ruolo e anche il giusto posto …

Il Vostro TERMOMETRO DELLO STRESS

 

Il vostro Termometro dello Stress

Gli antichi Greci credevano che l’agitazione, le palpitazioni, l’affanno tipici di una condizione di stress dipendessero dagli dei, che li invitavano agli uomini per vendicarsi di essere stati trascurati! Sarebbe alquanto affascinante ma, purtroppo, non è così …

Lo stress è una forma di adattamento ed è anche strategico per la vita degli esseri umani come per gli altri animali. Non è sicuramente una malattia ma può causare serie problematiche psicofisiche se non riconosciuto o se “supera” alcuni livelli. Oggi, sappiamo che elevati livelli di stress protratto possono addirittura modificare il DNA!

Di seguito trovi un piccolo e pratico “termometro dello stress”. È composto da 12 sintomi psicofisici. Rispondi con quale frequenza si sono manifestati negli ultimi 3 mesi.
Molto frequentemente: 6 punti
Frequentemente: 5 punti
Talvolta: 4 punti
Raramente: 3 punti
Molto raramente : 2 punti
Mai: 1 punto


1. Impossibilità di addormentarsi o di dormire senza interruzioni
2. Mal di testa o dolori alla testa
3. Indigestione o nausea
4. Sentirsi stanco, esausto senza apparente motivo
5. Tendenza a mangiare, bere, fumare più del solito
6. Diminuzione del desiderio sessuale
7. Mancanza di respiro o senso di vertigine
8. Diminuzione o aumento dell’appetito
9. Tremori muscolari
10. Sensazione di avere punture, fitte sul corpo
11. Sensazione di non avere voglia di alzarsi dal letto la mattina
12. Tendenza a sudare o sensazione che il cuore batta forte

Dopo aver fatto la somma, se avete ottenuto un punteggio superiorere a 36, forse è il caso di fermarsi e di approfondire!

A seconda del livello di stress, esistono strategie o piccoli esercizi che possiamo fare per ridurre la nostra “soglia”. Tra questi, imparare e applicare la “Formula 6+2=8” potrebbe già essere risolutivo. Rallentate la vostra respirazione e cercate, con l’allenamento, di Inspirare per 6 secondi, Bloccate il respiro per 2 secondi ed Espirate per 8 secondi. È sufficiente ripetere questo esercizio per soli 10 minuti, magari la mattina e prima di andare a dormire. Ma per credere, dovete e potete provare! Allenatevi prima in un posto tranquillo, assicurandovi di non essere disturbati. Vi garantisco che dopo un po’ riuscirete a rilassarvi anche nel traffico!

Intelligenza corporea e Benessere

INTELLIGENZA CORPOREA E BENESSERE

C’è un’intelligenza diversa in noi esseri umani, che va oltre il saper ragionare o risolvere i problemi. È qualcosa che non dipende dallo studio né da un particolare talento ma è banalmente un nostro patrimonio che deriva da svariati e risonanti secoli di evoluzione.

Mi riferisco all‘intelligenza corporea! L’intelligenza corporea  ci dice che se per 8 ore al giorno siamo curvi sul nostro pc e non alziamo mai il capo, il nostro umore sarà depresso e i pensieri negativi aumenteranno; intelligenza corporea è quando con in mano una tazza calda, diventiamo normalmente più cordiali; intelligenza corporea è considerare una relazione interpersonale più “instabile” quando, parlandone,  stiamo magari seduti su una sedia traballante!

Il corpo ha le sue ragioni quindi ed occorre, in chiave benessere, ripensare al corpo! Vi è forse una sopravvalutazione del pensiero e noi non siamo solo i nostri pensieri, per fortuna! Alcune problematiche, infatti, sussistono quando ci identifichiamo troppo con taluni pensieri, tralasciando, di fatto, qualcosa di strategica rilevanza: le sensazioni corporee e l’intelligenza corporea!

Quando vi sentite depressi l’unica cosa da fare è muoversi! Fate una passeggiata, percorrete strade nuove e l’umore ne gioverà, inoltre, diventerete più creativi! Un’altra cosa che sapientemente potete fare è saltare!  I movimenti verso l’alto fanno bene all’umore …

Ricordatevi di sorridere! Se la prima volta può essere uno sforzo, riprovate due, tre, cinque volte. Il corpo reagirà presto con una scarica neurochimica che vi farà cambiare umore poiché, di fatto, state cambiando stato fisiologico. Ridere è poi contagioso e lo sanno bene anche i nostri cari illuminanti neuroni specchio! Anche questa è intelligenza corporea.

Coltivate l’ottimismo, poiché avrete migliori risposte immunitarie. Camminate nella natura poiché questo faciliterà l’interruzione dei pensieri ossessivi; ascoltate musica poiché contribuisce a ridurre la pressione sanguigna; cantate e scioglierete i noduli alla gola … Di tanto, in tanto, stringete un pugno, poiché questo semplice gesto potrebbe accrescere in voi costanza e determinazione!

Pratichiamo allora l’intelligenza corporea!

Il corpo manda sempre dei messaggi ed esiste un vero e proprio “linguaggio segreto”. La frustrazione e la rabbia logorano il fegato e lo stesso organo, in caso di malfunzionamento, può provocare difficoltà cognitive, insonnia e irrequietezza.

La ruminazione ossessiva causa, alla lunga, sofferenza cardiaca; l’eccesso di impulsività determina una maggior propensione a sviluppare ulcera peptica; ansia e apprensione hanno ripercussione sui globuli bianchi; nutrire sentimenti negativi causa ipertensione … Se siete fatalisti, la vostra risposta alle infezioni sarà meno efficiente; il colesterolo hdl aumenta se siete particolarmente animosi nelle discussioni; l’insoddisfazione personale potrebbe aumentare il reflusso esofageo e se soffrite spesso di emicrania muscolotensiva, liberatevi di rabbia, ansia e senso di abbandono! La collera e la paura vi porteranno a maggiori problemi muscolo-scheletrici.

Insomma, assumere una nuova formamentis centrata sull’intelligenza corporea è tappa obbligata per riconoscere e gestire strategicamente lo stress e le altre problematiche conseguenti. Riconsideriamo il nostro corpo, affidiamoci ad esso e … fidiamoci!

 

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