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Ipnosi e Sistema Nervoso

Le conoscenze sull’Ipnosi e sui suoi meccanismi, nel corso degli ultimi anni, hanno raggiunto livelli avanzati. Possiamo parlare -soprattutto per una percentuale di scettici- di una vera e propria Neurofenomenologia. È stata, ad esempio, documentata la presenza di una “bilancia limbica”, in grado di mediare lo stato di trance, con l’amigdala come antagonista e l’ippocampo come agonista della stessa trance. Molti studi hanno confermato l’importanza del sistema limbico, quindi, nel mediare lo stato di trance.

L’ipnosi è stata associata anche ad una condizione di rilassamento psicofisico, che richiama il Sistema Nervoso Autonomo. Uno studio condotto su soggetti sani, attraverso la tecnica moderna dell’analisi dello spettro di potenza del segnale di variabilità cardiaca dell’intervallo R-R, ha dimostrato come l’ipnosi neutra (senza suggestioni specifiche) sia in grado di agire efficacemente sulla “bilancia autonomica”, riducendo l’ipertono ortosimpatico ed incrementando il tono parasimpatico-vagale. Ciò conferma come il rilassamento ipnotico sia associato ad un’intenza azione di rimodulazione del Sistema Nervoso Autonomo.

L’ipnosi, recentemente, è stata inoltre riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale come un valido e flessibile “strumento fisiologico” per esplorare il sistema nervoso centrale e periferico.

La ricerca neuroscientifica sull’ipnosi ha incluso, pertanto, studi elettrofisiologici (analisi bispettrale), neuroimaging (Tomografia Computerizzata a emissione di singolo fotone, SPECT, Single Photon Emission Computerized Tomography, Risonanza Magnetica Funzionale, Tomografia ad emissione di positroni), Neuroimaging avanzato (fMRI) e Neurofeedback.

L’ipnosi è associata all’aumento deell’attività theta (lenta) e gamma (rapida), con livelli elevati di theta associati a maggior ipnotizzabilità e responsività ipnotica.

L’analisi bispettrale e l’indice BIS sono in grado di misurare e monitorare addirittura la profondità della trance ipnotica, distinguendo così la “zona ipnotica” da diversi livelli e stati di coscienza (range tra 77 e 92).

Diversi studi di neuroimaging hanno contribuito a creare una mappa cerebrale delle regioni di interesse durante l’ipnosi. Le aree maggiormente interessate risulterebbero essere la corteccia occipitale, il talamo, la corteccia cingolata anteriore, la corteccia parietale inferiore, il precuneo e la corteccia prefrontale dorsolaterale.

Altre ricerche neuroscientifiche dimostrano che le “suggestioni ipnotiche” sono in grado di coinvolgere specifiche aree e circuiti cerebrali coerenti con il contenuto delle suggestioni stesse! Oltre alle suggestioni percettive e cognitive, risultano rilevanti soprattutto quelle ideomotorie.

Sul versante neurochimico, il sistema della dopamina, è considerato il candidato attendibile per l’ipnosi. Si è dimostrata la correlazione tra ipnotizzabilità e livelli di acido omovanillico, metabolita della dopamina, nel liquido cerebrospinale. Il cingolo anteriore e la corteccia prefrontale destra sono ricchi di neuroni dopaminergici. La correlazione osservata tra ipnotizzabilità e acido omovanillico liquorale implica, a sua volta, il coinvolgimento dei lobi frontali in cui esiste la maggior parte delle reti dopaminergiche, unicamente ai gangli alla base.

L’ipnotizzabilità elevata sembra, inoltre, essere associata ad elevati livelli di GABA.

L’ipnosi non è più oggetto di dibattiti e controversie nella comunità scientifica di specialisti e non è solo utile strumento per “indagare” il sistema nervoso, ma è un processo psicobiologico strategico in ambito medico e psicologico.

Fonte: Neurofisiologia dell’Ipnosi. G. De Benedettis. In Trattato di Ipnosi. Franco Angeli, 2021.

Ipnosi e Scienza

Lo stato ipnotico è una realtà neurofisiologica che non può essere ottenuta né con l’immaginazione guidata, né tanto meno con la simulazione controllata. I dati raccolti derivano da osservazioni umane, strumentali indirette (EEG), e strumentali dirette (neuro- imaging, PET, risonanza magnetica, ecc.). L’ipnosi può essere considerato “uno stato” particolare, esclusivo e profondo di relazione. L’ipnosi è una forma elettiva di comunicazione e interazione e consente un più facile “accesso” all’inconscio della persona.

In quei momenti le persone (…) tendono a fissare lo sguardo (…) possono chiudere gli occhi, immobilizzare il corpo, reprimere certi riflessi e sembrano momentaneamente dimentiche di tutto ciò che le circonda, sino a quando non abbiano completato la loro ricerca interiore” (M. Erickson)

Durante la fase induttiva si verifica un cambiamento dello stato di coscienza. Si riscontrano variazioni sull’elettroencefalogramma. Si ha un rallentamento ed una variazione di altre attività (respiro, pulsazioni cardiache, …).

In generale, in base allaprofondità della trance”, si possono distinguere:
1. stati ipnoidi (pesantezza, rilassamento, chiusura delle palpebre);
2. trance leggera (catalessi);

3. trance media (amnesie, anestesie, …);

4. trance profonda (amnesia e anestesia completa, sonnambulismo, allucinazioni).

Fenomeni facilmente riscontrabili durante l’ipnosi:

regressione o avanzamento di età; amnesia; analgesia; anestesia; comportamento automatico; dissociazione; catalessi; allucinazioni; ipermnesia; risposte ideomotorie e/o ideosensorie; distorsione del tempo; …

Esistono difficoltà nell’applicare l’ipnosi?

Le difficoltà che si possono riscontrare nell’applicare l’ipnosi possono essere legate soprattutto al rapporto tra ipnotista e ipnotizzato. In genere, infatti, tutti siamo ipnotizzabili, pur se si registra una percentuale di soggetti resistenti.

Altre difficoltà sono legate alla personalità del soggetto che si intende ipnotizzare e/o all’eventuale presenza di psicopatologie conclamate di tipo psicotico (pur se esistono ricerche sull’ipnosi applicata con soggetti schizofrenici).

L’alterazione dovuta a sostanze psicotrope è, inoltre, quasi sempre incompatibile con la tecnica ipnotica.

Con l’ipnosi si possono modificare i comportamenti?
Attraverso l’Ipnosi si possono modificare comportamenti e percezioni indesiderate e si possono acquisire nuove abitudini, atteggiamenti e comportamenti.
L’Ipnosi ha una grande efficacia anche per migliorare la motivazione della persona, qualsiasi compito o progetto voglia iniziare. La sua efficacia (ormai dimostrata da tempo) in psicologia e medicina viene avvalorata da numerosi studi e ricerche.

L’Istituto Nazionale della Salute e della Ricerca Medica francese – INSERM ha pubblicato un rapporto “evidence based” sull’efficacia clinica della pratica ipnotica in ambito medico e terapeutico (INSERM U1178, Evalutaion de l’efficacité de la pratique de l’Hypnose – 2015).

Con oltre 200 pagine, il rapporto passa in rassegna circa 80 studi sistematici di meta-analisi della letteratura scientifica, confermando l’efficacia terapeutica dell’ipnosi nel contesto pre-operatorio, nell’ipnosedazione, nel dolore cronico, nell’ansia, nella sindrome da intestino irritabile e in altri ambiti clinici. Inoltre, si sottolineano i rischi di effetti collaterali inesistenti, con una significativa riduzione del consumo di farmaci analgesici e sedativi.
Nel comunicato si legge, inoltre, che gli effetti dell’ipnosi sono stati anche confermati da moderne tecniche di imaging. L’Institut Curie, parla di una grande conferma degli effetti benefici dell’ipnosedazione e Le Monde, sottolinea la rilevanza dell’ipnosi per la riduzione dei farmaci. L’Institute Francais d’Hypnose – IFH ha curato una rassegna stampa di tutti gli articoli pubblicati e presenta un rapporto di sintesi ad opera di A. Bioy, esperto scientifico e professore di psicopatologia e psicologia medica all’Université de Bourgogne.

Esistono dati più concreti sull’applicazione dell’ipnosi?

A titolo meramente esemplificativo, si riportano alcuni dati e statistiche sull’utilizzo dell’ipnosi nel trattamento di alcune problematiche molto diffuse. Ovviamente, i dati esistenti oggi “a supporto” sono davvero tantissimi.

IPNOSI E STRESS

Alcuni studi condotti hanno indagato l’efficacia dell’Ipnosi sulle patologie legate allo stress. Si è così constatato che oltre il 75% dei pazienti riteneva i loro sintomi migliorati dopo 12 settimane di pratica ipnotica ed entro un anno il 72% dello stesso gruppo ha avuto una remissione completa dei sintomi.

IPNOSI E ASMA

Nel corso di un periodo di sei anni, 173 pazienti affetti da asma sono stati trattati con l’auto-ipnosi. Circa l’ 82% degli stessi sono molto migliorati o hanno sperimentato la remissione totale dei sintomi.

IPNOSI E ANSIA

Uno studio su 20 individui con ansia, ha dimostrato la riduzione dei sintomi psicofisici dopo circa 20 giorni di “pratica”. Inoltre, i pazienti hanno avuto anche un sensibile miglioramento a livello cognitivo e fisico.

IPNOSI E PTSD

Diversi studi hanno evidenziato come l’uso dell’Ipnosi nel trattamento del Disturbo Post Traumatico da Stress risulta efficace, così come nella gestione della fobia semplice e nel disturbo di panico.

IPNOSI E INSONNIA

Una recente revisione clinica sull’Ipnosi ha evidenziato che essa si dimostra efficace per il trattamento dell’insonnia.

IPNOSI E DOLORE

A seguito di un esame approfondito della letteratura esistente, una commissione speciale commissionata dalla British Medical Association conclude che:“Oltre al trattamento delle disabilità psichiatriche, c’è un posto per l’ipnotismo nella produzione di anestesia o analgesia chirurgica e interventi odontoiatrici, e nei soggetti idonei è un metodo efficace di alleviare il dolore durante il parto senza alterare il normale corso del travaglio”. L’Ipnosi risulta elettiva anche per il trattamento del dolore acuto e cronico. La stessa commissione ha specificato, inoltre, che la pratica risulta efficace per rimuovere i sintomi e modificare le abitudini morbose di pensiero e di comportamento.

IPNOSI E DISTRUBI LEGATI ALLA SESSUALITA’

La terapia ipnotica, combinata con quella cognitiva, risultano maggiormente efficaci nel trattamento di problematiche e disordini di natura sessuale rispetto all’applicazione della sola terapia cognitiva.

IPNOSI E SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE

Numerosi studi dimostrano l’efficacia dell’Ipnosi nel trattamento della sindrome dell’intestino irritabile e per il trattamento dell’ansia ad esso associata.

Altre domande che meritano una risposta.

Può l’ipnosi migliorare la performance scolastica? Può l’ipnosi influire strategicamente sulla memoria e la concentrazione? Può l’ipnosi aumentare il processo creativo?

Già nel 2006 fu dimostrato (Columbia University) che l’ipnosi agisce profondamente sui processi cognitivi. Sembra che in stato di ipnosi, alcuni stimoli appresi vengano assorbiti con maggior vividezza rispetto ad uno stato di veglia normale. Ciò influisce direttamente sulla memoria. Inoltre, durante lo stato ipnotico si verifica una maggior attivazione di aree cerebrali deputate alla concentrazione.

Ulteriori studi hanno dimostrato che in stato ipnotico la persona è in grado di migliorare l’elaborazione semantica e di accedere più facilmente al pensiero creativo. Ciò si verificherebbe anche con maggior “velocità e accuratezza nella risposta”.

L’ipnosi agisce migliorando la memoria, la concentrazione, la creatività, ma non solo. Favorisce un maggior controllo delle proprie risorse cognitive ed è sicuramente utile per migliorare la performance nello studio. Un ulteriore studio illuminante a questo proposito ha dimostrato che i voti di alcuni studenti che partecipavano a delle sedute di gruppo di ipnosi sono migliorati rispetto ai gruppi di controllo. Ciò fa emergere che l’ipnosi è un ottimo strumento anche in situazioni di gruppo.

L’ipnosi è un utile strumento anche per affrontare e gestire il problema complesso della procrastinazione, ovvero la tendenza a rimandare. Si calcola, infatti, che la procrastinazione accademica sia molto diffusa (70% circa). Essa, inoltre, è connessa ad altre problematiche dello studente, come la gestione del tempo e delle priorità e la distraibilità.

Il focus sui problemi alimentari.

Durante alcune fasi dello sviluppo è probabile che possano insorgere delle problematiche legate all’alimentazione. Tra queste, sicuramente l’anoressia e la bulimia sono quelle più note e diffuse.

L’anoressia nervosa è caratterizzata da un rifiuto persistente del cibo e dalla paura ossessiva di ingrassare. La bulimia, invece, è un disturbo dell’alimentazione che presenta fasi caratterizzate dall’assunzione di grandi quantità di cibo seguite da fasi in cui vengono attuati diversi metodi (per esempio il vomito autoindotto), per riuscire a non acquisire peso.


Attraverso alcuni studi recenti, si è rilevata una significativa diminuzione del 
volume di materia grigia nelle pazienti affette da anoressia, specie nel lobo parietale (inferiore e superiore). Tale area sarebbe collegata alla costruzione e alla modifica delle immagini mentali e soprattutto alla rappresentazione mentale del sé.

Utilizzare l’ipnosi con pazienti affetti da disturbi alimentari non è cosa semplice, soprattutto perchè tali pazienti presentano numerosi comportamenti di controllo. Ciò si registra soprattutto in caso di anoressia. Nel caso della bulimia, invece, differenti studi evidenziano la maggior efficacia dell’ipnosi. Il tipico stato di dissociazione durante alcuni attacchi di fame nervosa, infatti, può essere considerato simile a quello riscontrato durante un procedimento ipnotico.

Tra i disturbi alimentari, c’è anche il Binge Eating Disorder, detto anche disturbo da alimentazione incontrollata, caratterizzato da mangiare rapidamente una grande quantità di cibo, anche in assenza di appetito o fame; sentirsi spiacevolmente pieni; mangiare in solitudine e sperimentare senso di colpa e vergogna. Il disturbo sembra essere connesso a rabbia, ansia, noia e frustrazione. Sebbene esistano pochissime evidenze scientifiche sulla validità dell’ipnosi e il BED, essa può essere strategica soprattutto per gestire i sentimenti di autosvalutazione della persona e per comprendere le ragioni delle abbuffate. In tal senso, l’ipnosi “lavora” molto non solo sul piano comportamentale, ma anche emozionale.

Oltre alle evidenze cliniche e ai disturbi brevemente descritti, lipnosi viene utilizzata anche per gestire diete e piani alimentari, lì dove la persona “ricada” sempre e comunque in vecchie abitudini o non riesca a seguire la nuova alimentazione. Con l’ipnosi, infatti, si possono “smuovere” volontà e motivazione del cliente, oltre a creare condizionamenti negativi nei confronti di alcuni cibi (es. cliente goloso di dolci che attraverso l’ipnosi, sperimenta una sensazione di sgradevolezza nei confronti degli stessi).

Come al solito, prima di procedere all’utilizzo dell’ipnosi nell’ambito della sfera alimentare, è opportuno procedere ad un’indagine approfondita su altre problematiche e situazioni cliniche eventuali che possano interferire con la situazione della persona.

Ipnosi e fobie?

L’ipnosi può essere utilizzata anche per la gestione e la risoluzione di alcune fobie. Come sappiamo ne esistono davvero tante e in questo, l’individuo è davvero molto creativo!

Cosa comunica il viso di Mario Draghi?

COSA COMUNICA IL VISO DI MARIO DRAGHI?

La mimica è una parte della comunicazione non verbale molto importante e strategica per decodificare le emozioni di una persona. Tra l’altro, rappresenta quella più valida e attendibile, poiché riscontriamo emozioni che sono universali e che di fatto, non mutano a seconda dei fattori culturali.

Sorridere, ridere, manifestare la propria felicità e la gioia rappresenta un repertorio comunicativo spesso persuasivo, in grado di influenzare l’altro, le dinamiche e i comportamenti.

Ma cosa comunica il viso di Mario Draghi?

Prima di continuare a leggere le mie riflessioni, annotate su un foglio cosa vi trasmette istintivamente. Dedicate qualche minuto a questo simpatico esercizio.

L’emozione è una reazione ad uno stimolo, esogeno o endogeno, che provoca alcuni cambiamenti: ad un livello fisiologico con cambiamenti fisici veri e propri, come l’alterazione del battito cardiaco o della pressione arteriosa; ad un livello comportamentale con il cambiamento delle espressioni facciali, della postura, del tono di voce e a livello psicologico in cui vi è una comprensione soggettiva del proprio stato emotivo.

CODIFICA E DECODIFICA:

il sorriso è autentico quando:

1. riscontriamo le “zampe di gallina” al lato degli occhi

2. gli occhi sono sgranati e si nota meglio la sclera (parte bianca)

3. le labbra sono sufficientemente aperte e si vedono i denti

4. si riscontra la simmetria

In termini più scientifici il sorriso detto Duchenne ha delle caratteristiche singolari. È generato da emozioni positive e dall’allegria che si trasmettono mediante una combinazione di diversi muscoli.

Un sorriso ha origine dalla contrazione dei muscoli zigomatico maggiore e zigomatico minore vicino alla bocca, i quali sollevano a loro volta l’angolo del labbro. Nello stesso tempo si formano anche delle piccole rughe attorno agli occhi, perché si contraggono sia le guance che il muscolo orbicolare (vicino agli occhi).

Nel viso del personaggio in questione di evidenzia in primis un’assenza di tutti i parametri di un sorriso autentico. Di fatto il sorriso è “stretto” e in particolare si nota una certa asimmetria.

Significato dell’Asimmetria:

emozioni inautentiche o comunque controllate a causa di una lateralizzazione degli emisferi (le due parti del cervello controllano i muscoli della parte opposta del corpo). L’asimmetria nelle espressioni facciali resta un chiaro segnale di menzogna ed è un segno di falsificazione. L’asimmetria è associata frequentemente con un’imitazione intenzionale del sorriso.

Importanza del Lato del viso.

– lato sx del viso: emozione provata.

– lato dx: manifestazione mostrata socialmente.

Direzione delle labbra.

– labbra verso il basso sul lato sx (quindi, Unità di un’emozione provata): emozione negativa (probabile rifiuto)

– labbra verso l’alto sul lato dx (quindi, Unità di un’emozione mostrata volutamente): emozione positiva (felicità)

Potremmo affermare che il personaggio in questione mostra un sorriso sociale, non autentico, di circostanza, ma che in realtà non sta provando emozioni affatto positive. Considerando il contesto comunicativo, ovvero quello politico, la cosa magari non ci sorprende … Facciamo comunque attenzione! Per procedere ad un’analisi scientifica corretta, occorre analizzare le espressioni facciali durante la comunicazione, confrontando verbale, mimica e il resto del non verbale. Il fine è identificare coerenza comunicativa o incoerenza. Inoltre va considerata anche la baseline del soggetto in esame.

Che cos’è la Precognizione

PRE-SENTIMENTO E PRE-COGNIZIONE

(Capitolo di un mio saggio specialistico in fase di pubblicazione. Tutti i diritti riservati)

Il presentimento suggerisce un presagio, un vago sentimento, sovente di pericolo, una percezione intuitiva che qualcosa stia per accadere.

Tale esperienza potrebbe riguardare anche la percezione del futuro?

Una meta-analisi condotta intorno agli anni 90, da parte di Charles Honorton e Diane Ferrari, ha cercato di rispondere a tale questione. Si è utilizzato un test a scelta forzata in cui, veniva chiesto ad una persona di indovinare quale tra i numeri fissati per i possibili bersagli poteva essere scelto in seguito, in modo casuale.

I ricercatori trovarono a sostegno di tali studi anche una vera e propria banca dati di circa 2 milioni di prove individuali, a cui parteciparono oltre 50 mila soggetti.

Successivamente, presso l’Università di Edimburgo continuarono tali indagini, con lo scopo di confrontare anche la percezione di bersagli nascosti nel presente e la percezione di bersagli nascosti nel futuro (precognizione) (F. Steinkamp, J. Milton e R.L. Morris, 1998), trovando che le percezioni extrasensoriali si verificavano con la medesima forza.

Il seguente esperimento interessante, spiega il fenomeno della precognizione. Mentre la conduttanza della pelle vene monitorata, il partecipante preme un pulsante. Cinque secondi più tardi, il computer decide, casualmente, se scegliere un’immagine a forte impatto emozionale, o un’immagine calma. L’attività precognitiva si manifesta come una salita nella conduttanza della pelle prima delle immagini a fronte contenuto emotivo, ma non prima delle immagini calme.

Altre ricerche hanno dato ulteriori conferme, ma la precognizione fa infuriare tutti gli scienziati “classici”, poiché rappresenterebbe una sfida al senso comune riguardo alla credenza sulle casualità e sul tempo.

Tra il 1998 e il 2000 sono stati condotti diversi studi sulla precognizione presso l’Interval Research Corporation nella Silicon Valley. In sostanza, presso un laboratorio di ricerca elettronica di Paul Allen (Co-fondatore della Microsoft). Il laboratorio vantava oltre 200 scienziati rinomati. Il premio Nobel Kary Mullis partecipò ad uno di questi esperimenti e in un’intervista dichiarò: “sono stato in grado di vedere il futuro circa 3 secondi prima che accadesse! … è da brividi … tutto ciò è ai confini della fisica!”.

La teoria della mente proposta da Hameroff e Penrose dell’Università di Edimburgo, ipotizza che i processi della coscienza dovrebbero essere presenti anche nel cervello di forme di vita minuscole, come gli insetti. Poiché si pensa che i cambiamenti nei livelli di impedenza della pelle siano correlati ad uno stato interiore di coscienza, è ipotizzabile che tali variazioni possano essere osservate anche in specie evolutivamente più basse?

Wildey eseguì, a tal proposito, oltre 200 esperimenti con i vermi, riscontrando che i cambiamenti nell’impedenza della pelle si verificano ugualmente come negli uomini, con una differenza in termini di secondi.

Più tardi, nel 2004, nelle rivista Journal of Alternative and Complementary Medicine, furono riportati alcuni studi ed esperimenti sulla precognizione che usavano non solo la misurazione della conduttanza elettrica della pelle, ma anche quella del battito cardiaco e quella dell’attività cerebrale (McCraty et al. 2004).

Fu scoperto che il cuore è coinvolto direttamente nel processo d’informazione su uno stimolo emozionale futuro qualche secondo prima che il corpo sperimenti effettivamente lo stimolo. Sembra che il cuore sia interessato direttamente nella percezione degli eventi futuri. In ogni caso, il cervello non agisce da solo.

Nel 2003 i fisici Spottiswoode e May pubblicarono una serie di studi sulla precognizione che prevedevano stimoli sonori anziché quelli visivi. Ipotizzarono così che il numero di fluttuazioni nella conduttanza cutanea dei partecipanti, prima dello stimolo audio, sarebbe stato più elevato rispetto al numero di fluttuazioni prima dei momenti di silenzio. La loro ipotesi fu confermata con un indice di probabilità contro la casualità di 1250 a 1.

Lo psicologo Dick Birman dell’Università di Amsterdam condusse, a sua volta, una serie di ulteriori sperimentazioni sulla precognizione attraverso la fMRI1, confermandone ulteriormente l’esistenza. Esistono altre evidenze, anche piuttosto singolari, sul fenomeno della precognizione.

A tal proposito, è interessante notare che i quattro velivoli che si schiantarono sulle Torri Gemelle, il Pentagono e in Pennsylvania, l’11 settembre, avevano stranamente pochi passeggeri a bordo!

Altri studi su incidenti eclatanti, mostrano strane coincidenza e i dati sembrano fornire una forte evidenza del fatto che le persone riescono, in talune circostanze, a usare preventivamente l’intuizione. I voli avevano, di fatto, il 52% dei posti occupati e la percentuale complessiva era solo del 31%. Fortunatamente o stranamente!

I sogni premonitori sono probabilmente l’evento medianico più comune. Esiste un complesso numero di evidenza per questo tipo di fenomeni. Ma un sogno può essere considerato precognitivo quando non è causato da un residuo diurno, da un desiderio, da paure o ansie. Un sogno precognitivo non è una profezia, ma una previsione che si basa su dati disponibili o “linee di universo”.

La precognizione è un avvenimento comune a livello atomico e subatomico.

Esistono evidenze che mostrano come alcune abilità psichiche furono utilizzate per fare soldi in Borsa (December Silver). I risultati furono sorprendenti tanto che meritarono la pagina del The Wall Street Journal. Nel 1983 uscì anche un film per la BBC Horizon. Successivamente, si trasformò in un programma della PBS NOVA intitolato “Il caso ESP”. Negli anni, i file del film e dei programmi televisivi scomparvero misteriosamente.

La principale applicazione odierna sarebbero le scommesse sportive e diverse persone sostengono di sbarcare il lunario con tale attività (R. Targ, 2017, pag. 146-147).

Le capacità medianiche furono anche applicate in altri e svariati contesti. Da annoverare che C. Leadbeater e A. Besant della Theosophical Society in India, eseguirono un sorprendente esame psichico al microscopio della struttura interna di molti atomi della tavola periodica. Besant pubblicò il suo “esame psichico” in un articolo intitolato Occult Chemistry (Chimica Occulta) nella rivista Lucifer nel 1895.

Nel 1907 tali autori furono i primi a descrivere due delle tre forme isotopiche dell’idrogeno, sei anni prima che F. Soddy ipotizzasse che potevano persino esserci cose come isotopi! (R. Targ, 2017, p. 202).

1 Le aree del cervello che sono più attive hanno livelli di ossigenazione nel sangue più alti rispetto alle porzione del cervello meno attive (BOLD: Blood Oxygeneration Level Dependent).

(continua) …

Che cos’è la Visione a Distanza

CHE COS’ È LA VISIONE A DISTANZA,

RV, REMOTE VIEWING

La visione a distanza o remote viewing è un’abilità che viene classificata tra i fenomeni parapsicologici.

Nel Vecchio Testamento si racconta di come il profeta Eliseo usasse le sue facoltà esp per salvare i soldati di Israele da cocenti sconfitte militari.

Da un luogo isolato, colui che vede a distanza è capace di dedurre le caratteristiche approssimative di un obiettivo lontano.

La visione a distanza ha una lunga storia, che risalirebbe agli antichi greci, ed è stata oggetto, come già ampiamento descritto, di studi e approfondimenti recenti a partire dalla CIA, fondatrice, tra l’altro, di un gruppo di ricerca nei primi anni ’70.

Sebbene si creda che alcune persone “dotate” abbiano una predisposizione alla visione a distanza, si afferma, parallelamente, che chiunque possa acquisire e migliorare tale abilità con la pratica.

A tal riguardo, M. B. Mensky, doctor of Science, afferma che esisterebbe un modello della mente umana attraverso il quale sarebbe possibile ottenere informazione da tutte le altre realtà “classiche”1 e selezionare, di conseguenza, le realtà favorevoli. Tale modello si estrinsecherebbe attraverso il sogno, la trance ipnotica, la meditazione, ovvero quando la coscienza subisce uno stato di “disabilitazione” o “alterazione”.

Lo stesso autore crede che la mente umana sia un fenomeno di “trans-universo” che limita, di fatto, le varie alternative. “Il cervello servirebbe come interfaccia tra il corpo e la coscienza, ma il livello più profondo di coscienza non è funzione del cervello”. Poi, continua: “… la principale caratteristica della coscienza è la sua abilità, superando la separazione delle alternative, di seguire ognuna di esse fino al momento distante nel futuro, trovare quali alternative forniscano la sopravvivenza e scegliere queste alternative escludendo le restanti. L’evoluzione della materia vivente è quindi determinata non solo da cause, ma anche da obiettivi, prima di tutto l’obiettivo della sopravvivenza e il miglioramento della qualità della vita!

In Italia, degni di nota sono gli studi e le ricerche di Ernesto Bozzano che parla di Telestesia. Nell’introduzione dell’opera Dei Fenomeni di Telestesia, del 1942, così sostiene:

Nel glossario preposto all’opera maggiore di Federico Myers, viene circoscritto in questi termini il significato della parola “Telestesia”: “percezione a distanza, la quale implica una visualizzazione diretta di cose, o una percezione di condizioni indipendentemente da ogni via sensoria e in circostanze tali da escludere che le cognizioni acquisite traggano origine da una mentalità estrinseca al partecipante”.

Analogamente, il professor Rchet ne delimita il significato in questi termini: “Cognizione da parte di un dato individuo di un fenomeno qualunque non percepibile o conoscibile coi sensi normali, e in parti tempo estraneo a qualsiasi trasmissione mentale cosciente ed incosciente”.

(…) La presunzione della “lettura o trasmissione del pensiero” appare fondata nella grande maggioranza dei casi. Giova, infatti, tenere presente che nella lucidità dell’ordine considerato, non si ottengono soltanto visualizzazioni di cose o di ambienti lontani, ma bensì percezioni del temperamento, del carattere, dello stato emozionale, affettivo, mentale dell’individuo lontano.

(…) Osservo nondimeno come anche nella circostanza dei fenomeni di telestesia, tutto concorra a provare che non si tratti di visione propriamente detta, e neppire di visione indiretta pel tramite dei centri ottici, ma bensì di visualizzazioni: allucinatorie veridiche (che il professor Hyslop denominerebbe “immagini pittografiche”) trasmesse dalla personalità subcosciente (e in via eccezionale da entità disincarnate), a scopo d’informare la personalità cosciente su ciò che la interessa. Dimodichè rimarrebbe da risolvere l’arduo quesito vertente sul modo in cui la personalità subcosciente perviene ad entrare in rapporto con l’oggetto o con l’ambiente lontani ini guisa da percepirli, o in guisa da conoscerli, o in guisa da informarsi intorno ad essi.

1 I mondi paralleli di Everett.

(continua) … presto un mio saggio specialistico sulla materia.

Cosa ancora non sai sull’IPNOSI e su di ME

L’IPNOSI è una forma elettiva di comunicazione e non rappresenta una pratica magica come molti ancora credono. L’IPNOSI è una tecnica efficace per affrontare e gestire svariate problematiche e non solo di tipo psicologico, ma viene utilizzata anche in ambito medico. L’IPNOSI si utilizza anche come strumento per accrescere le potenzialità umane, per implementare la motivazione e per smuovere risorse utili con lo scopo strategico di raggiungere i propri obiettivi.

Probabilmente, NON SAI che:

  1. l’IPNOSI è uno “stato naturale” (il tuo cervello è predisposto ad entrare in uno stato di ipnosi ogni 90 minuti)
  2. l’IPNOSI non crea dipendenza
  3. l’IPNOSI non equivale a DORMIRE
  4. con l’IPNOSI non si perde la coscienza (in realtà si verifica un’alterazione dello stato di coscienza)
  5. non si può rimanere INTRAPPOLATI in uno stato ipnotico
  6. l’IPNOSI non è controproducente
  7. l’IPNOSI è un fenomeno psicosomatico

Ad oggi ho utilizzato l’IPNOSI per:

  • conoscenza, riduzione e gestione dello stress
  • riduzione e risoluzione problemi di ansia e panico
  • riduzione e risoluzione problemi sfera depressiva
  • riduzione e risoluzione problemi sfera alimentare
  • riduzione e risoluzione disturbi della pelle e altri problemi psicosomatici
  • riduzione e gestione balbuzie
  • riduzione, gestione e risoluzione fobie specifiche (es. temporali, guida, insetti, …)
  • gestione problemi e conflitti relazionali e affettivi
  • gestione della performance scolastica e universitaria
  • gestione della performance sportiva (equitazione, sport da combattimento, tennis)
  • gestione e risoluzione Internet Addiction e gioco patologico
  • gestione e risoluzione dipendenze (tabacco, alcool)
  • gestione del Disturbo Post Traumatico da Stress
  • implementazione motivazione
  • gestione piani alimentari e diete
  • gestione e risoluzione problemi di procrastinazione
  • gestione Sindrome di Silver Russel
  • gestione, riduzione  e risoluzione disturbi del sonno

In ambito clinico-medico:

  • analgesia e anestesia ipnotica (microinterventi chirurgici)
  • gestione del dolore post operatorio
  • emicrania muscolo-tensiva

In ambito criminologico:

  • rapine mediante ipnosi
  • vittimologia
  • interrogatorio

 

IPNOSI e REGRESSIONI

Il fenomeno della “regressione” è in realtà un’esperienza comune in uno stato profondo di ipnosi. Sovente, si verifica in modo spontaneo. In fase di “risveglio” le persone riferiscono di aver recuperato qualità e quantità di ricordi anche abbastanza datati.

La regressione è quindi un fenomeno reale? SI e in alcuni casi è molto importante per andare al “nocciolo” del problema. Ricordo il caso di una persona con una fobia specifica per l’auto (non riusciva a stare dal lato passeggero). Attraverso la regressione ha ricordato di aver subito violenza fisica da parte del padre quando era molto piccola e si trovava proprio in auto, lato passeggero. Il recupero dell’informazione è stato illuminante per la risoluzione istantanea della fobia … In un altro caso, la regressione è servita per scoprire la causa di una strana avversione al freddo e al ghiaccio (scoprimmo che la persona, quando era neonata, cadde dal passeggino mentre era in vacanza sulla neve con i propri genitori). Un altro caso interessante è quello di un ragazzo che era convinto di aver vissuto esperienze di molestie da parte di una zia quando era in tenera età. In realtà, scoprimmo che era un falso ricordo! E poi, riporto una personale esperienza: per anni ho avuto uno strano dolore alla spalla dx, non giustificato da altra causa medica. Tramite regressione ho scoperto di aver avuto un problema proprio alla spalla dx durante la nascita. Il dolore è completamente scomparso!

Esiste la Regressione a Vite Precedenti? Personalmente ho “provato sulla mia pelle” questa esperienza e sono “accadute” cose alquanto strane e affascinanti. In verità sono riuscito a “spiegarmi” alcune mie attitudini particolari o peculiarità … Negli anni ho incontrato diverse persone orientate a tale esperienza e che sono poi riuscite a risolvere situazioni e problematiche psicologiche e mediche. L’argomento richiede sicuramente un approfondimento che non mancherà e che troverete sul mio sito.

IPNOSI ISTANTANEA e NON VERBALE

Oltre all’IPNOSI Ericksoniana classica, che parte da uno stato progressivo di rilassamento, esiste anche un’IPNOSI che utilizza il linguaggio non verbale e quello simbolico. Inoltre, attraverso questa forma di ipnosi, si può raggiungere uno stato di trance anche in pochi istanti. Anche in tal caso non è un procedimento magico, ma si agisce istantaneamente sull’inconscio della persona e sulla fisiologia, “stimolando” strategicamente alcune zone cerebrali (ad es. l’amigdala).

Forse, NON SAI ANCORA che l’IPNOSI si può applicare anche durante la conversazione (ipnosi conversazionale) e che rappresenta non solo una strategia terapeutica, ma anche una forma di persuasione molto potente. Alcune tecniche, infatti, possono essere “insegnate” nell’ambito della Comunicazione Strategica, nella Risoluzione dei Conflitti e della Negoziazione.

Fame nervosa? Prova con l’Ipnosi

Durante alcune fasi dello sviluppo è probabile che possano insorgere delle problematiche legate all’alimentazione. Tra queste, sicuramente l’anoressia e la bulimia sono quelle più note e diffuse.
L’anoressia nervosa è caratterizzata  da un rifiuto persistente del cibo e dalla paura ossessiva di ingrassare .  La bulimia, invece, è un disturbo dell’alimentazione che presenta fasi caratterizzate dall’assunzione di grandi quantità di cibo seguite da fasi in cui vengono attuati diversi metodi (per esempio il vomito autoindotto), per riuscire a non acquisire peso.
Attraverso alcuni studi recenti, si è rilevata una significativa diminuzione del volume di materia grigia nelle pazienti affette da anoressia, specie nel lobo parietale (inferiore e superiore). Tale area sarebbe collegata  alla costruzione e alla modifica delle immagini mentali e soprattutto alla rappresentazione mentale del sé.

Utilizzare l’ipnosi con pazienti affetti da disturbi alimentari non è cosa semplice, soprattutto perchè tali pazienti presentano numerosi comportamenti di controllo. Ciò si registra soprattutto in caso di anoressia. Nel caso della bulimia, invece, differenti studi evidenziano la maggior efficacia dell’ipnosi. Il tipico stato di dissociazione durante alcuni attacchi di fame nervosa, infatti, può essere considerato simile a quello riscontrato durante un procedimento ipnotico.

Tra i disturbi alimentari, c’è anche il  Binge Eating Disorder, detto anche disturbo da alimentazione incontrollata, caratterizzato da mangiare rapidamente una grande quantità di cibo, anche in assenza di appetito o fame; sentirsi spiacevolmente pieni; mangiare in solitudine e sperimentare senso di colpa e vergogna. Il disturbo sembra essere connesso a rabbia, ansia, noia e frustrazione. Sebbene esistano pochissime evidenze scientifiche sulla validità dell’ipnosi e il BED, essa può essere strategica soprattutto per gestire i sentimenti di autosvalutazione della persona e per comprendere le ragioni delle abbuffate. In tal senso, l’ipnosi “lavora” molto non solo sul piano comportamentale, ma anche emozionale.

Oltre alle evidenze cliniche e ai disturbi brevemente descritti, l‘ipnosi viene utilizzata anche per gestire diete e piani alimentari, lì dove la persona “ricada” sempre e comunque in vecchie abitudini o non riesca a seguire la nuova alimentazione. Con l’ipnosi, infatti, si possono “smuovere”  volontà e  motivazione del cliente, oltre  a creare condizionamenti negativi nei confronti di alcuni cibi (es. cliente goloso di dolci che attraverso l’ipnosi, sperimenta una sensazione di sgradevolezza nei confronti degli stessi).

Come al solito, prima di procedere all’utilizzo dell’ipnosi nell’ambito della sfera alimentare, è opportuno procedere ad un’indagine approfondita su altre problematiche e situazioni cliniche eventuali che possano interferire con la situazione della persona.

Mirco Turco - Ipnosi

IPNOSI: Guida Pratica

L’Ipnosi non è:

-Una forma di manipolazione mentale
-Uno stato di sonno profondo
-Una forma di persuasione
-Uno stato di completa impotenza

L’Ipnosi è:

-UNO STATO NATURALE
-UNA STRATEGIA PER MOBILITARE LE RISORSE INCONSCE
-UNA FORMA ELETTIVA DI COMUNICAZIONE

-La maggioranza delle persone può essere ipnotizzata.
-Indipendentemente dalle applicazioni, l’ipnosi è rigenerante.
-La persona non può rimanere “intrappolata” nello stato di ipnosi.
-La persona non perde coscienza.
Utilità e Applicazioni.
-La maggior parte dei disturbi psicosomatici  (Disturbi della pelle, Algie, Gastriti, …)
-Stress e Ansia
-Paure, panico, fobie
-Disturbi nella sfera alimentare
-Stati depressivi
-Comportamenti viziosi (fumo, alcool, iperfagia, diete, …)
-L’ipnosi si utilizza anche in ambito medico
Come funziona?
L’Ipnosi può essere indotta attraverso un progressivo stato di rilassamento. Solitamente, la persona è comodamente seduta su una poltrona. Può avvenire però anche in modo “dinamico”, in una posizione “ortostatica” (in piedi).
Durata:
La durata è variabile (da pochi minuti ad ore). OGNUNO DI NOI HA UNA SUA PERSONALE SUSCETTIBILITA’ IPNOTICA
Teorie di riferimento:
-Alterazione della coscienza (senso di irrealtà, percezioni strane, pesantezza e/o leggerezza, …)
-Teoria Socio-cognitiva (rapporto tra ruoli)
-Teoria della Relazione arcaica (modalità paterne-materne)
-Teoria Neurobiologica (modificazioni)
  • Ogni 90 m circa abbiamo un calo dell’attenzione e tendiamo a sviluppare dei fenomeni ipnotici spontanei … In quei momenti la mente divaga, fantastica, si “svuota” …
Segni esteriori:
1Sospensione della mobilità
2Movimenti riflessi
3Prevalenza di movimenti del lato non dominante del corpo
4Barcollamento
5Catalessia
6Riduzione tono muscolare
7Arrossamento tessuti
8Maggiore visibilità vene
9Contrazioni
10Cedimenti delle ginocchia
11Reclinamento della testa
12Atonia e inespressività del volto
13Impallidimento
14Attenuazione pieghe del volto
15Simmetria
16Broncio
17Decontrazione della mascella
18Schiudersi delle labbra
19Tremolii e tic alle labbra
20Assenza o attenuazione reazioni d’allarme
21Vibrazione palpebre
22Riduzione drastica deglutizione
Indici al risveglio:
-Disorientamento
-Difficoltà di equilibrio
-Passività
-Sonnolenza
-Confusione
-Alterazione senso del tempo
-Esperienze riferite alterazione coscienza
Facciamo chiarezza. Che cos’è quindi l’Ipnosi?
Lo stato ipnotico è una realtà neurofisiologica che non può essere ottenuta nè con l’immaginazione guidata nè tanto meno con la simulazione controllata. I dati raccolti derivano da osservazioni umane, strumentali indirette (EEG), e strumentali dirette (neuro- imaging, PET, risonanza magnetica, ecc.). L’ipnosi può essere considerato “uno stato” particolare, esclusivo e profondo di relazione. L’ipnosi è una forma elettiva di comunicazione e interazione e consente un più facile “accesso” all’inconscio della persona.
Cosa accade durante l’Ipnosi?
“In quei momenti le persone (…) tendono a fissare lo sguardo (…) possono chiudere gli occhi, immobilizzare il corpo, reprimere certi riflessi e sembrano momentaneamente dimentiche di tutto ciò che le circonda, sino a quando non abbiano completato la loro ricerca interiore” (M. Erickson)
Durante la fase induttiva si verifica un cambiamento dello stato di coscienza. Si riscontrano variazioni sull’elettroencefalogramma. Si ha un rallentamento ed una variazione di altre attività (respiro, pulsazioni cardiache, …). In generale, in base alla “profondità della trance”, si possono distinguere:
1. stati ipnoidi (pesantezza, rilassamento, chiusura delle palpebre);
2. trance leggera (catalessi);
3. trance media (amnesie, anestesie, …);
4. trance profonda (amnesia e anestesia completa, sonnambulismo, allucinazioni).
Fenomeni riscontrabili:
regressione o avanzamento di età; amnesia; analgesia; anestesia; comportamento automatico; dissociazione; catalessi; allucinazioni; ipermnesia; risposte ideomotorie e/o ideosensorie; distorsione del tempo; …
Eventuali difficoltà:
Le difficoltà che si possono riscontrare nell’applicare l’ipnosi possono essere svariate, ma sovente, sono legate al rapporto tra ipnotista e ipnotizzato. In genere, infatti, tutti siamo ipnotizzabili, pur se si registra una percentuale di soggetti resistenti. Altre difficoltà sono legate alla personalità del soggetto che si intende ipnotizzare e/o all’eventuale presenza di psicopatologie conclamate di tipo psicotico (pur se esistono ricerche sull’ipnosi applicata con soggetti schizofrenici).  L’alterazione dovuta a sostanze psicotrope è, inoltre, quasi sempre incompatibile con la tecnica ipnotica.
!!! In ogni caso, affidati sempre ad uno specialista del settore (Psicologo o Medico).

Analgesia e Anestesia Ipnotica

Analgesia e Anestesia Ipnotica in Phacoemulsification. Ricerca intervento presentata al XVI KMSG International Congress – Nice – Hotel Nice Plaza, sabato 16 giugno 2012 nella sessione Cataract surgery & IOLs, Nice. Articolo pubblicato in Notiziario Ordine Psicologi Regione Puglia, n. 9, dic. 2012.

Introduzione.

L’ipnosi e la terapia ipnotica appaiono approcci strategici per la risoluzione di svariate problematiche psicologiche ed al contempo costituiscono anche strumenti elettivi nella pratica medica in generale e in medicina di urgenza, chirurgia, ostetricia, odontoiatria, malattie gravi. Questo versante però è ancora poco conosciuto e diffuso in Italia. Esistono, inoltre, evidenze sull’applicabilità dell’ipnosi nella terapia antalgica, nell’analgesia e nell’anestesia (Antonelli, 2003; De Benedittis e Poggi, 1989; Derbyshire et al, 2004; Elkins et al, 2006; Feldman, 2004; Hilgard e Hilgaard, 1994; Hofbauer et al, 2001; Luchetti, 2004; Porter, Davis e Keefe, 2007; Price, 1996; Turco, 2011; Wik et al, 1999).

Scopo del presente lavoro è illustrare come in ambito microchirurgico si possa incidere positivamente sui livelli di ansia e stress pre-operatorio e si possano far condurre interventi peculiari, attraverso analgesia e anestesia ipnotica. Nello specifico, è stata applicata la tecnica di analgesia ed anestesia ipnotica nella phacoemulsification. Per phacoemulsification si intende un tipo di chirurgia della cataratta, attraverso irrigazioni, ultrasuoni ed aspirazioni. Di norma, per la procedura di facoemulsificazione la tecnica anestesiologica più utilizzata è la anestesia topica che può essere associata a quella intracamerulare.

La maggior paura per i pazienti che si sottopongono ad intervento di cataratta è rappresentata dalla possibilità di sentire dolore, di muovere l’occhio, di non riuscire a stare fermi per un tempo sufficiente

Durante la procedura i pazienti sperimentano spesso le seguenti sensazioni: no light perception (4.6%), light perception (97.7%), one or more colours (95.5%), flashes of light (77.3%), movements (90.9%), instruments (61.4%), surgeon’s hands/fingers (56.8%), surgeon (47.7%) and change in brightness of light (90.9%). Il senso di disagio e paura può aumentare significativamente per l’intervento del secondo occhio. Anche se quasi tutti i pazienti riferiscono al chirurgo di aver paura di provare quelle sensazioni durante il secondo intervento e un counseling pre-operatorio potrebbe servire a ridurre questo stato di ansia, soltanto una piccolissima, quasi nulla, percentuale di chirurghi mette in atto questo sistema.

Il presente lavoro sottolinea, ancora nuovamente, le possibilità strategiche e pragmatiche di un supporto di tipo psicologico in contesti ospedalizzati o prettamente di tipo medico.

Antistress

Precisazioni etimologiche ed evidenze scientifiche.

 

L’ipnosi è modificazione transitoria di stati fisiologici e di sensazioni, di percezioni, pensieri, memorie e comportamenti. Durante l’ipnosi si assiste ad una modificazione temporanea e funzionale delle sensazioni, delle percezioni, dei pensieri, della consapevolezza, della memoria e dei comportamenti. La trance ipnotica è strettamente correlata alla fisiologia ed alla struttura del sistema nervoso centrale ed autonomo ed è connessa con tratti personologici, con le aspettative del soggetto, con il contesto e con la qualità della relazione con l’ipnotista (Arnold, 1988; De Benedittis, 1980; Del Castello e Casilli, 2007, Erickson e Rossi, 1982; Loriedo et al, 2002; Pacori, 2009; Rossi, 1989; Turco, 2011).

L’ipnosi svolge un ruolo attivo e pragmatico nel controllo del dolore, ad esempio, a partire da strategie di defocalizzazione dell’attenzione. La condizione ipnotica sarebbe in grado di modulare dei sistemi sensoriali afferenti, sopprimendo anche alcuni riflessi segmentari locali. Essa è, comunque, legata al livello di ipnotizzabilità del soggetto. L’ipnosi sarebbe idonea per alleviare la componente sensoriale discriminativa dell’esperienza dolorosa oltre alla componente affettiva (Antonelli, 2003; De Benedittis e Poggi, 1989; Derbyshire et al, 2004; Elkins et al, 2006; Feldman, 2004; Hilgard e Hilgaard, 1994; Hofbauer et al, 2001; Luchetti, 2004; Porter, Davis e Keefe, 2007; Price, 1996; Turco, 2011; Wik et al, 1999).

Altri studi specialistici (Antonelli e Marini, 1992; Antonelli, 2005; De Benedittis e Sironi, 1986; Ecclestone t al, 2002; Faymonville et al, 2003; Farrel, Laird e Egan, 2005; hilgard, 1994; Hofbaueret al, 1994; Luchetti, 2006; pagano, Akots e Wall, 1988; Petrovic e Ingvar, 2002; Price, 1996; Rainville et al, 1997; 1999; rainville e Price, 2003Singer et al, 2004; Turco, 2011; Wik et al, 1999) raggruppano gli effetti prodotti dall’anelgesia/anestesia ipnotica: dissociazione funzionale centrale sul neopallio , anzi, doppia dissociazione, a livello sia della corteccia somatosensoriale primaria, sia delle classiche aree limbiche corticali, come suggerito dalla variazione degli EEG in analgesia ipnotica a livello di onde gamma (32-100 Hz) relative allo scalpo prefrontale; inibizione spinale discendente sul riflesso nocicettivo R-III, inibito per 2/3, con percezione del dolore ridotta a 1/4; reinterpretazione cognitiva dell’esperienza dolorosa; disattivazione autonomica centrale, evidenziata in pupillometria ;inibizione delle capacita’ propriocettive generali, come il senso della posizione ; alterazione della mappa del dolore, con modifica sia della percezione dello stimolo algogeno sia della sua localizzazione; effetto soverchiante il placebo, e basato su meccanismi neurali differenti da quelli implicati nei processi di distrazione o di riduzione dell’attenzione; variazioni del flusso ematico a livello corticale e cingolare (subcorticale), come rivelato dalla PET su pazienti ipnotizzati sofferenti di fibromialgia; coinvolgimento dei centri corticali cingolati nella modulazione del dolore acuto e cronico; coinvolgimento corticale anteriore e cerebellare posteriore se si usano suggestioni di aspettativa e di certezza nell’analgesia; coinvolgimento corticale mediano e ippocampale se si usano suggestioni ansiogene di incertezza sul dolore.

Evidenze elettroencefaliche mostrano come la condizione ipnotica produce una riduzione dell’attività funzionale emisferica sinistra ed una implementazione di quella emisferica destra. La riduzione dell’attività corticale prefrontale sembra essere una caratteristica di tutti gli stati alterati di coscienza. L’ipnosi, quindi, non è solo suggestione.

Gli studi, le ricerche e le sperimentazioni condotte negli ultimi cinquant’anni, dimostrano che l’ipnosi è in grado di ridurre o eliminare un vasto numero di dolori, sia sperimentalmente (dolore ischemico, da pressione, da freddo, da caldo, da stimolazione elettrica), che clinicamente.

Tipologia di intervento.

 

Lo studio condotto mira sostanzialmente ad evidenziare che la pratica ipnotica è frutto soprattutto di abilità relazionali e comunicative e che le stesse possono generare delle sensibili modificazioni dello stato di coscienza, tali da produrre una vera e propria “fenomenologia” ipnotica (Erickson e Rossi, 1982; Pacori, 2009; Turco, 2011). Da rilevare anche che i pazienti che si sottopongono ad un intervento di cataratta, palesano un certo stato di ansia, riscontrabile attraverso feedback neuro-comportamentali (es. agitazione psicomotoria, stress, aggressività verbale, irrequietezza ecc) e che tale stato, attraverso induzioni ipnotiche tende sostanzialmente a ridursi.

Lo stesso studio mira, inoltre, a dimostrare che l’ipnosi funziona anche se non si parla di ipnosi. La scelta velata e strategica di non parlare di procedura ipnotica è giustificata soprattutto dalla considerazione del fattore culturale e dall’età media dei pazienti. Parlare di ipnosi in soggetti che hanno mediamente 70 anni, con un livello di scolarità medio-bassa, avrebbe prodotto un ulteriore stato di agitazione.

Tale procedura “contraria”, poiché, solitamente si asserisce che già parlare dell’ipnosi e dei fenomeni ipnotici produrrebbe già dei cambiamenti o favorirebbe una certa predisposizione, palesa nuovamente che la pratica ipnotica non è solo suggestione.

 

Campione di riferimento e caratteristiche.

 

I pazienti scelti per la procedura ipnotica e per l’intervento con anestesia ipnotica sono stati selezionati attraverso alcune risposte ipnotiche palesate che hanno evidenziato un livello sufficiente di suscettibilità ipnotica (fissazione dello sguardo, catalessia, automatismi, ritardo nelle risposte) o di assorbimento.

Il gruppo sottoposto a procedura di anestesia ipnotica è composto da 17 pazienti: 12 maschi e 5 femmine. Media età maschi: 72 anni. Media età femmine: 71 anni. Il 50% del campione di riferimento ha avuto già precedente esperienza operatoria dello stesso tipo all’altro occhio (cataratta). In soli 3 pazienti si è ridotto la quantità di anestetico. Nel restante campione non è stato assolutamente utilizzato.

 

Descrizione della procedura.

 

Fase di selezione durante le operazioni di vestizione, preparazione e attesa. Nella stanza il gruppo di persone in fase pre-operatoria è mediamente composto da 5 persone. Osservazione, primo contatto e prime procedure di induzione ipnotica attraverso comunicazione verbale e coerenza comunicativa non verbale. Utilizzo di rapport, calibrazione e guida. Utilizzo di un linguaggio abilmente vago o Milton Model e utilizzo di comandi nascosti e suggestioni ipnotiche di tipo “ecologico”. Utilizzo dei truismi e delle metafore. In tal senso, pur partendo da una procedura standard definita «analgesia a guanto ( Del Castello e Casilli, 2007) si è proceduto sempre tenendo conto della soggettività e della singolare esperienza. Durata delle prime induzioni: circa 15 minuti.

In una fase successiva, i pazienti, transitano in un altro ambiente nel quale sostano circa 10 minuti ulteriori prima dell’intervento. Accompagnati a sedersi attendono in silenzio. In tale fase “delicata” si “rinforzano” le suggestioni ipnotiche anche e soprattutto attraverso comunicazione non verbale o “ancore”.

Ultima fase: passaggio nella sala operatoria e assunzione della posizione per l’intervento. In tale fase la presenza dell’ipnotista è solo da “spettatore”. La presenza dello stesso è però palesata e percepita dal paziente.

A fine intervento (durata media 10 minuti), i pazienti vengono riaccompagnati in sala di attesa per ricevere istruzioni sulla cura e ultime informazioni. In tale fase si registra una significativa fenomenologia ipnotica.

Risultati.

 

In primis, il 100% del campione sperimenta analgesia/anestesia ipnotica. Nessuno ha percepito il dolore durante l’intervento. Il 50% sperimenta una contrazione temporale. Il tempo medio percepito dell’intervento è cioè ridotto. Ritardo temporale ed economia nei movimenti sono le altre risposte più frequenti registrate.

 

 

Riflessioni conclusive.

 

L’ipnosi è uno stato naturale, uno strumento utile nella pratica clinica psicologica e medica, una forma elettiva di comunicazione e al contempo, una strategia pragmatica e poliedrica.

Le applicazioni dell’ipnosi in ambito medico trascendono, inoltre, la mera applicazione clinica. La presenza di un professionista in campo psicologico, infatti, di un esperto di comunicazione e ipnosi, ha permesso di constatare, un netto miglioramento del “clima ospedaliero” attraverso un approccio di de-medicalizzazione del rapporto con gli utenti/pazienti. Anche questa non sembra una scoperta eccezionale per quanti si occupano di psicologia ma è sorprendente come gli specialisti oculisti coinvolti nella sperimentazione abbiano colto in modo inequivocabile tale miglioramento.

Contrariamente alle aspettative e ad alcune riflessioni, l’ipnosi è applicabile anche con persone anziane, soprattutto se consideriamo, nel caso specifico, l’età media dei 70 anni. Anzi, in un certo senso, le induzioni ipnotiche sono state facilitate e dunque “ancorate” tenendo conto proprio del vissuto degli utenti stessi, ricco di esperienze, sensazioni, ricordi, vissuti.

Oltre ad ovvi ed opportuni approfondimenti, in un immediato futuro, la pratica ipnotica dovrebbe trovare senza dubbio una maggiore applicazione, poiché procedura preziosa per il benessere psicofisico, poiché forma elettiva e strategica di comunicazione e soprattutto perché “stato naturale” che non comporta in alcun modo effetti nocivi o collaterali.

 

Psychology & Survival

La chiave per ogni situazione di sopravvivenza è l’attitudine mentale dell’individuo!

Molti manuali di sopravvivenza militare fanno riferimento alle capacità mentali dell’individuo che si trova in particolari situazioni disagiate o ambienti ostili. D’altra parte, questo spiega perché persone addestrate che non fanno leva sulle proprie attitudini mentali, hanno meno successo rispetto a individui, che pur non avendo un addestramento specifico alla sopravvivenza, mettono in campo tale fattore.

Lo chiameremo, pertanto, SSE, Survival Self-Efficacy, la convinzione di essere efficaci in un determinato ambiente sconosciuto o ostile al fine della sopravvivenza.

La psicologia della sopravvivenza cerca di evidenziare come i diversi fattori di stress in una determinata situazione ad alto rischio incidono sulle capacità mentali dell’individuo.

Analogamente, si occupa di specificare come alcune strategie mentali particolari in situazioni ostili, possono essere determinanti al fine della sopravvivenza.

Lo stress, come specificato anche in altre trattazioni, non va considerato una malattia. E’ un naturale adattamento a situazioni nuove. E’ al contempo, un’esperienza psichica, emozionale, fisiologica in risposta alle diverse tensioni della vita.

Lo stress, di fatto, per alcuni livelli, è necessario (eustress) poiché fa funzionare meglio i meccanismi mentali e comportamentali dell’individuo. Attenzione, concentrazione, orientamento, memoria, apprendimento, funzionano meglio quando sperimentiamo un livello di stress. Superata la fatidica soglia dello stress (soglia soggettiva) però, qualsiasi tipo di performance subisce un decremento e mentalmente, cominciamo a vivere sensazioni e ad avere comportamenti “alterati” che, progressivamente, possono farci sperimentare stati di panico, angoscia, …

Livelli elevati di stress, in generale, producono:

  • Difficoltà nel prendere decisioni.
  • Scoppi d’ira e maggiore irascibilità.
  • Dimenticanze e sbadataggini.
  • Livello d’energia basso e riduzione arousal.
  • Continue preoccupazioni e pensiero negativo.
  • Inclinazione a sbagliare con maggiore percentuale di errori e disattenzione.
  • Pensieri autolesionisti (es. pensare con maggiore frequenza alla morte o al suicidio).
  • Atteggiamento aggressivo con altri individui.
  • Isolarsi dagli altri e tendenze autistiche.
  • Nascondersi dalle responsabilità e assunzione di comportamento passivo.
  • ….

Si parla di tolleranza allo stress o alla frustrazione e di addestramento sotto stress. Le nostre reazioni, infatti, o i nostri meccanismi difensivi devono (dovrebbero) essere maturi e congrui anche in situazioni ostili.

I fattori di stress nella sopravvivenza.

Una reazione che ci accomuna agli altri esseri animali è quella “attacco o fuga”, ovvero, quando percepiamo un pericolo o un fattore stressante, il nostro cervello si attiva per difendersi da esso. Di conseguenza, il nostro organismo, si prepara per lottare e fuggire. Il corpo rilascia una maggiore quantità di zuccheri e grassi per garantirci una maggiore spinta energetica; il respiro aumenta per l’aumento della richiesta di ossigeno nel sangue; la tensione muscolare aumenta per entrare in azione prontamente; aumenta la coagulazione del sangue per ridurre il sanguinamento delle ferite; le pupille si dilatano e l’udito si attiva meglio; si possono avere anche fenomeni di sinestesia particolari (es. gli odori prendono forma); mentre il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna aumentano per portare maggiore quantità di sangue ai muscoli.

In questo modo diventiamo progressivamente più consapevoli dell’ambiente circostante e quindi anche più reattivi.

Come già visto in precedenza, però, non possiamo rimanere in tale fase di allarme per troppo tempo.

In situazioni ostili, gli stress si sommano e si moltiplicano mentre, al contempo, la nostra resistenza decresce e possiamo arrivare all’esasperazione e all’esaurimento. La fase successiva è l’angoscia che mista al panico porteranno l’individuo in una situazione di imminente pericolo di vita.

Anticipare lo stress o la situazione frustrante è un ottimo metodo per imparare a gestire situazioni ad alto rischio. Sembrerà banale, ma sapere cosa ci aspetta può ridurre il vissuto dello stress. Conoscere un territorio ostile, prima di addentrarsi, quindi, informarsi strategicamente, è altamente consigliato.

 

Lesioni, malattia, morte critical
Incertezza, Mancanza di controllo critical
Ambiente critical
Fame e sete critical
Fatica critical
Isolamento critical
  • In situazioni ostili e critiche, le lesioni (personali o di persone che sono con noi), eventuali malattie e la morte, sono da considerarsi reali e anche altamente probabili. Il fatto di non pensarci non è sufficiente per evitare che ciò possa accadere.
  • Tali situazioni possono, inoltre, impedirci di procurarci cibo, acqua ed altre risorse per difenderci e sopravvivere. Allo stress, sopraggiunge la paura e lo sconforto.
  • Il territorio ostile è poco conosciuto e gli aspetti di esso appaiono imprevedibili, con poche informazioni e certezze. Ciò può determinare una perdita di controllo o la percezione che non si possa avere il controllo della situazione.
  • In generale, l’ambiente fisico (clima, terreno, varietà animali e vegetazione) è potenzialmente stressante. Volgere lo stesso a proprio favore risulta di strategica rilevanza per la sopravvivenza, anche quando dobbiamo procurarci cibo e acqua. Non avere provviste, ad esempio, o non sapere come procurarsele, è una sicura fonte di stress.
  • Un altro fattore stressante è la stanchezza che sopraggiunge non solo per esaurimento delle energie fisiche, ma anche come conseguenza dello sconforto in cui possiamo trovarci a causa delle diverse condizioni avverse.
  • In condizioni ostili di sopravvivenza dobbiamo anche affrontare un altro aspetto: la solitudine. Contare solo sulle proprie risorse è un’attitudine mentale ma è anche un tratto personologico. La sopravvivenza è più semplice, a volte, proprio perché si ha qualcuno al proprio fianco, unito nel destino e nello scopo (interdipendenza).

 I meccanismi di sopravvivenza e le reazioni naturali.

 Situazioni di rischio, pericolo e in generale condizioni ostili possono, in modo abbastanza naturale, esporci a reazioni particolari che solo se conosciute e gestite possono essere volte a nostro favore. Sapere che un fenomeno, una reazione, una qualsiasi cosa esiste, riduce la percezione dello stress, il senso di disorientamento, la frustrazione.

La paura è una naturale reazione a situazioni pericolose o rischiose per la nostra vita e/o quella degli altri. La paura è un’emozione che può durare un certo lasso di tempo, ovvero, possiamo essere in uno stato di paura anche se cessa lo stimolo pauroso. L’intensità della paura è variabile (da lieve apprensione al terrore), inoltre, può essere vissuta anche in commistione ad altre emozioni.

La paura può essere sperimentata anche in base a situazioni non reali e dunque immaginate o anticipate.

E’ positiva quando ci spinge ad essere cauti nel prendere decisioni azzardate, destinate cioè al fallimento. Provare paura, in determinate situazioni, è provvidenziale.

In altre occasioni, però, la paura può diventare invalidante e inibire ogni attività utile alla sopravvivenza. Per tali ragioni, occorre esplorare e conoscere le nostre paure e implementare progressivamente il senso di fiducia e di fronteggiamento. Tale processo è però graduale e richiede tempo e azioni sistematiche.

In situazioni ostili è naturale anche provare un certo stato di ansia. L’ansia è uno stato di agitazione psicomotoria che se ben canalizzata, ci spinge a raggiungere il nostro obiettivo ma se gestita male può complicare la sopravvivenza. L’ansia deriva, pertanto, soprattutto da un’anticipazione mentale delle conseguenze di alcune azioni e situazioni. Pensare ripetutamente alle lesioni che possiamo procurarci prima di fare una determinata azione, determina una reazione d’ansia che può inficiare sulla nostra performance.

L’allenamento e l’addestramento strutturato, anche nell’esecuzione di alcuni compiti e operazioni riduce, in modo sistematico, l’ansia.

Quando, invece, sperimentiamo una situazione di ansia persistente, cominciamo parallelamente a sperimentare confusione, senso di svuotamento mentale, difficoltà di pensiero e ragionamento.

Rabbia e frustrazione possono, invece, sopraggiungere quando non raggiungiamo in un certo lasso di tempo l’obiettivo prefissato. La differenza e la distonia tra quello che voglio e quello che sto ottenendo può determinare la frustrazione e di conseguenza, un meccanismo vorticoso di pensiero negativo di non farcela.

Livelli elevati di frustrazione possono, inoltre, attivare la rabbia che complica ancor di più la nostra situazione di sopravvivenza.

Subire danni all’attrezzatura, vivere un clima sfavorevole, muoversi in un terreno inospitale, essere in una zona con numerosi nemici o predatori, sono tutti elementi che possono aumentare la frustrazione vissuta.

Tali condizioni sfavorevoli, specie se la persona non è sufficientemente addestrata e non utilizza bene il classico fattore mentale, spingono verso comportamenti irrazionali e impulsivi, decisioni errate e incontrollate. La frustrazione e la rabbia, infine, consumano le nostre energie che, invece, dovrebbero essere impiegate diversamente e produttivamente.

Occorre considerare le reazioni alla frustrazione e distinguere, di conseguenza, quelle adeguate da quelle inadeguate in situazioni di sopravvivenza in territorio ostile.Certificare il Fattore Umano Mirco Turco

  • Reazioni adeguate: intensificazione dello sforzo, riorganizzazione dei dati; sostituzione dei fini.
  • Reazioni inadeguate: rabbia, chiusura autistica, regressione.

Una situazione protratta di frustrazione potrebbe farci sperimentare uno stato depressivo. Finché conserviamo una certa dose di aggressività costruttiva (voglia e desiderio di sopravvivere) siamo immuni dalla depressione. Quando però sopraggiunge la sconfitta, in primis mentale, possiamo cadere in un profondo stato depressivo.

La persona comincia a mutare tipologia e contenuto di dialogo interno (parlare con se stessi). Sopraggiungono frasi del tipo “non posso fare nulla … ormai è finita …”. La speranza cede e con essa intervengono profonda tristezza e senso di sfinimento.

In condizioni depressive è molto difficile ritrovare una motivazione per continuare ad andare avanti e non abbandonare la speranza di sopravvivere.

Proprio in tali momenti occorre riagganciarci ad una qualsiasi ancora emotiva, spinta motivazionale, che non ci lasci sprofondare nella depressione.

 In situazioni rischiose e in zone ostili la probabilità di rimanere soli è alta. Fare i conti con la solitudine è obbligatorio, soprattutto perché per l’essere umano è difficile pensare a situazioni di solitudine assoluta protratta, anche in virtù della natura apparentemente sociale dell’essere umano.

In situazioni di solitudine occorre considerare che possono emergere anche aspetti positivi del nostro carattere, anche risolutivi. La solitudine non è quindi da considerare necessariamente fattore con accezione negativa.

Se però la persona si lascia sopraffare dal vuoto della solitudine e da un senso di scarsa autoefficacia, la performance viene inficiata e si ha un progressivo aggravamento dello stato emotivo e cognitivo del soggetto stesso.

In fase di addestramento va considerato che non tutti possiedono in modo innato tale abilità di “camminare da soli”.

 

 

Tratta da: Mirco Turco (2014). PSSS, Psychology, Security, Self Defense, Survival. Gruppo Ed. L’Espresso.

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